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Un romanzo scritto bene, divertente, con una storia ben congegnata. Echi pirandelliani in una Sicilia in pieno tumulto fascista, un gioiellino che consiglio vivamente.
" Malagloria " è un libro apprezzabilissimo , la bellezza di uno stile leggiadro nel suo essere colloquiale, fa della lettura di questo libro un piacere purissimo. E' coinvolgente, entusiasmante e la penna dell' autore scorre veloce regalando la descrizione dei caratteri, delle azioni e dei dialoghi dei vari personaggi che si incontrano con tratti fluidi ed a volte esilaranti. Utilizza un lessico fresco, ironico, riflessivo e molto attuale. Questa semplicità stilistica tuttavia non deve ingannare. Il libro per il lettore è fonte di profonde riflessioni ed il finale è sorprendente proprio perchè ci porta ad una attenta considerazione sul vero senso della vita.. Bravo questo giovane scrittore che non si smentisce come nel suo primo libro" Le Quindici ", vincitore della giara d' argento della VI edizione del concorso letterario della Rai del 2017. Lo consiglio vivamente per una bella e buona lettura che ti trascina a divoralo per giungere alla fine delle sue pagine.
" Malagloria " è un libro apprezzabilissimo , che mi ha rapito del tutto. E' coinvolgente, entusiasmante e la penna dell' autore scorre velocemente regalando la descrizione dei caratteri, delle azioni e dei dialoghi dei vari personaggi con tratti fluidi ed a volte esilaranti. Il finale sorprendente perchè porta ad una attenta e seria riflessione sul vero senso dell' esistenza umana. Alla fine inganno e vanità per soddisfare la sete di gloria per proporsi al mondo per quello che non si è non portano a nulla, la vera gloria è ben altro. Bravo questo giovane scrittore che non si smentisce come nel suo primo libro" Le Quindici ", vincitore della giara d' argento della VI edizione del concorso letterario della Rai del 2017. Lo consiglio vivamente per una bella e buona lettura che ti trascina a divoralo per giungere alla fine dell' ultima pagina.
Recensioni
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Malagloria (180 pagine, 14 euro): un romanzo, quello di Christian Bartolomeo edito da Mursia, da leggere per comprendere appieno il clima di sospetto, di paura che vigeva in Italia negli anni Trenta, per capire che l’ostentata condivisione della dittatura fascista era spesso costretta o non del tutto convinta non solo da parte di molti affamati popolani, ma anche di gerarchi di rilievo. Raffadali, paese dell’Agrigentino dove si svolgono la maggior parte degli eventi, diventa emblema del contesto socio-psicologico su cui il fascismo si reggeva. Protagonisti sono: il notaio Franco Mezzalira e Mario Vitello, chiamato da tutti Mariuzzo; anello di congiunzione tra i due è un libro ereditato da quest’ultimo e scritto da un autore che si era firmato con le sole iniziali che, per caso, coincidevano con le sue.
Da qui l’instaurarsi di un costante e apparente rapporto di amicizia, nato dall’idea del notaio, considerata l’identità delle iniziali dei nomi, di strumentalizzare ai suoi fini, quel libro e quel giovane ingenuo, semplice, ignorante e che deve perciò adeguatamente istruire. Ma, di fatto, la quotidiana convivenza determina condivisione di obiettivi che si esplicano nel comune desiderio di gloria, ma anche nei reciproci condizionamenti sino a mischiarsi e pressoché invertirsi nel carattere, nei ruoli, nella coscienza, in un percorso antitetico che al notaio avrebbe concesso il riscatto attraverso la scoperta del senso vero della vita: l’amore; mentre Mario rimane immerso nella voragine del male che il ruolo di segretario generale gli deputava di imporre alla gente.
Non stupisca il verbo “imporre”, perché man mano che si prosegue nella lettura, emerge come il fascismo fosse accettato e condiviso da molti non tanto per convinzione, ma per imposizione, anche da parte di coloro che avevano funzioni dirigenziali e, di conseguenza , di fronte all’apparente, unanime plauso, serpeggiava e agiva sotterranea la volontà di rivolta. Non è un caso infatti che il segretario del fascio di Gioia Tauro, Gaetano Muscari, presso il quale Franco Mezzalira manda Mariuzzo a prendere dei documenti riservati così dica nel consegnarli al giovane: «Io sono un fascista e difendo il pieno diritto di esserlo …; ma non mi riconosco in un partito che oggi mira al confitto … che ha fatto della violenza e della repressione l’essenza e la regola del quotidiano,dove ogni idea che sa di diverso deve essere annichilita…» (pag.108); o ancora che Mario, nel momento in cui sta facendo internare il suo maestro e mentore, F. Mezzalira, osa confessargli: «Tutti fanno i fascisti, ma nessuno o quasi lo è realmente (pag.157). Insomma, lo scrittore Christian Bartolomeo, come altri neorealisti in passato, quali Ignazio Silone, Pratolini, Viganò, etc…, riesce a fare emergere appieno le componenti peculiari dei sistemi totalitari: masse ed elite, uniti volenti o nolenti in una comunità organica.
Nel romanzo viene narrata anche un’altra vicenda, minore per quantità di pagine a essa dedicate, ma rilevante non solo per lo sviluppo e la comprensione dell’intreccio, ma anche per la sua valenza semantica poiché denuncia situazioni e comportamenti, molto attuali anche oggi; infatti, il tema che in essa viene proposto è quello della fama letteraria che viene raggiunta da alcuni scrittori rici che non perverrebbero mai al successo, se dietro alle loro opere non ci fosse anche la segreta revisione di umili e colte persone, da non confondere con gli editor, nelle cui mani arriveranno successivamente.
La famosissima scrittrice, Vincenza Mezzatesta, appartiene alla categoria suddetta; infatti era Lucrezia, giovane e povera libraia, che riscriveva i suoi libri, prima di essere spediti presso la casa editrice, avendo ereditato dal padre, libraio e sconosciuto romanziere, non solo il bene materiale, ma anche la passione per la scrittura. Però il merito difficilmente emerge, anche in democrazia. La narrazione procede chiara, scorrevole, ironica, intarsiata con parole in dialetto che contribuiscono a caratterizzare il contesto siculo-calabrese in cui si svolgono gli eventi.
Recensione di Francesca Luzzio
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