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Maria Callas. Vissi d'arte, vissi d'amore - David Lelait­Helo - copertina
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Maria Callas. Vissi d'arte, vissi d'amore
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Descrizione


Nata a New York il 2 dicembre 1923 da una coppia di emigranti greci da poco arrivati in cerca di fortuna, Maria Callas visse un’infanzia e un’adolescenza difficili. Afflitta da un profondo senso di insicurezza legato al suo aspetto fisico e al contrastato rapporto con la madre, la giovane Maria cercò il suo riscatto nello studio del canto, che iniziò assecondando un’inappagata passione materna e una dote naturale non comune. A quattordici anni si trasferì ad Atene per frequentare il conservatorio e qui ebbe modo di affrontare più di una volta il palcoscenico. Ma il suo talento sbocciò definitivamente solo in Italia (dove arrivò nel 1947), sotto l’accorta regia di Giovanni Battista Meneghini, suo amico, amante, scaltro agente, prezioso confidente (e infine marito). Passò di successo in successo: da Firenze a Napoli, da Torino a Roma fu Isotta, Turandot, Norma, Brunilde, Aida. Poi fu la volta del tempio della lirica. La Scala non era solo un teatro, era un campo di battaglia. Il pubblico – e il soprintendente Ghiringhelli – avevano occhi e orecchi solo per Renata Tebaldi, la regina assoluta. Il 12 aprile 1950 la Callas sostituì la Tebaldi, febbricitante. Ma dovette attendere più di un anno perché le fosse offerto un ruolo. La Callas mieteva trionfi in giro per il mondo, ma la ribalta più prestigiosa le resisteva. Alla fine però vinse lei: il 7 dicembre 1951 la sua Elena nei Vespri siciliani fu memorabile. Per dodici anni Maria fu la padrona del teatro milanese. Quando nel 1959 si innamorò di Onassis, lui era l’uomo più ricco del mondo, lei una dea. Per la Callas quell’amore rappresentò l’alba di una nuova esistenza. Non aveva mai conosciuto prima un sentimento così totale. Ma quel rapporto si rivelò distruttivo per la sua fragile sensibilità, per il suo carattere possessivo ed esigente. La carriera artistica proseguì tra trionfi e crisi improvvise, ovazioni e critiche feroci. La sua salute risentiva sempre più spesso della fatica dei viaggi e del peso della celebrità. L’ultima tournée che fece con Di Stefano tra il 1973 e il 1974 fu il canto del cigno di un mito. Fu magnifica, magica, divinamente bella. Eppure la vera Callas non esisteva più, così come la sua voce. Il 16 settembre 1977, come tante altre mattine, suonò un po’ il piano nella sua bella casa di Parigi dove ormai viveva in solitudine. All’improvviso avvertì un capogiro. La fedele cameriera le preparò un caffè molto forte e lei si sentì meglio. Fece anche un sorriso. La cameriera girò lo sguardo. Maria ne approfittò per andarsene per sempre.
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Dettagli

2024
2 febbraio 2024
248 p., Brossura
9791255840367

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Nicola Intrevado
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Non si puo' chiedere alla sorte un talento di tale grandezza e pretendere,poi, di essere anche felici.Non sarebbe nemmeno giusto per l' equa distribuzione della grazia del canto che sottrae un po' di serenita'.Ma da una tale immortalita' di voce, di timbro , di colore, di talento allo stato puro la sorte avrebbe potuto anche pretendere l' infelicita' assoluta.E anche l' anima stessa.Come nel Faust.La voce della Callas e' la prova lampante dell' esistenza di Dio, e' il vento, la luce, l' ombra , il fulmine e i campi di pane che si fanno suono.Voce umana simile ad un Miracolo.Ho sempre pensato che, chiunque abbia avuto la fortuna di ascoltarla in una sua esibizione, solo per questo e' stato baciato dalla fortuna piu' sfacciata e spero almeno che, sempre in virtu' della legge che contempla l' equa distribuzione dei doni, i ladri gli facciano visita almeno tre volte l' anno.Gia' due sole volte sarebbe profondamente ingiusto.A coloro che l' hanno vista e sentita a Londra nella Tosca di Zeffirelli del 1964, sarebbe almeno giusto che come nella metamorfosi di Kafka, si sveglino una mattina trasformati in scrafaggio.Altro non riesco a immaginare.Maria Calls ebbe una vita infelice,molto infelice, una vita senza l' amore di un uomo,o meglio senza essere amata dall' uomo che amo'.Persino alcuni critici non l' amarono molto.Persino alcuni impresari degli enti lirici.E molti spettatori.E colleghe.E nemici.Dalla vita non ebbe molto.Non ebbe la serenita' di una calma esistenza.Il riconoscimento del suo talento sublime.Non ebbe la vita stessa avendo avuto in sua vece il miracolo della sua voce, quella del soprano scuro, drammatico, piu' grande che la storia dell'Opera ricordi e meriti.Forse, solo durante i suoi primi 14 anni fu felice, quando a New York studiava canto.O prima ancora quando, dormiva, piccola bimba serena adagiata dentro la custodia di un violoncello.No, che non e' vero ma quanto piu' alta probabilita' di giorni felici a venire avrebbe avuto se solo fosse stato vero come nella finzione del suo Canto Immortale.

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