"Nel valutare i suoi simili, gli era tornato utile sapere che due piramidi, siano esse rette o oblique, sono equivalenti se hanno la stessa base e la stessa altezza. L'apparenza non contava, bisognava saper misurare quello che c'era all'interno, come per gli esser umani". Orfano e senza parenti in una città caotica come l'odierna Kinshasa, Célio Matemona è un giovane brillante che conduce la propria vita sulla base delle lezioni di un Compendio di matematica del 1967, per la cui ragione è soprannominato "Célio Matematik". La guerra del 1977 che gli ha sterminato la famiglia è solo uno dei tanti conflitti che devastano il Congo da decenni, e la sua personale tragedia è condivisa da molti suoi connazionali. Il paese in cui si sviluppa la trama del romanzo ricorda il concetto di "necropolitica" teorizzato dallo studioso postcoloniale camerunese Achille Mbembe: partendo da categorie di Foucault e Agamben, "necropolitica" descrive quelle zone del mondo governate da un'economia di sfruttamento selvaggio delle risorse naturali attraverso uno stato permanente di guerre civili, scontri fra milizie e massacri perpetrati anche da bambini-soldato, il cui risultato è la distruzione del tessuto sociale e, per i civili, la condizione di morti viventi. Nella Kinshasa di Bofane, "lo stato ormai assolveva il suo ruolo soltanto in maniera simbolica. (
) Ogni giorno il potere d'acquisto si assottigliava. I generi alimentari scarseggiavano e costavano un occhio della testa. Il sistema sanitario non esisteva più da tempo. Se a questo si aggiungeva l'Aids e le sue conseguenze, l'insieme diventava ingestibile. Le persone erano ridotte a scheletri ambulanti. Quanto alla scuola, i genitori si organizzavano per pagare lo stipendio dei professori. In un contesto simile solo Dio faceva miracoli, ma anche lui cominciava a essere in difficoltà". Finché il protagonista vive in povertà e dirige una piccola Ong per aiutare padre Lolos, suo salvatore e mentore, la passione per la scienza può essere letta semplicemente come un tentativo di dare ordine e senso a questa anomia. La svolta nella sua vita, e nella trama del romanzo, avviene quando Célio mette il proprio talento matematico al servizio dell'Ufficio informazione e piani della presidenza della Repubblica: in altre parole, della propaganda di regime che manipola realtà e opinione pubblica, che crea e foraggia partiti di pseudo-opposizione in un gioco delle parti che non produce alcun cambiamento di sostanza. Così, mentre la domanda di democrazia e libere elezioni è sempre più difficile da contenere, Célio mette da parte le proprie convinzioni per desiderio di successo e scalata sociale. Nel suo lavoro al fianco di Gonzague Tshilombo, diabolico direttore dell'Ufficio, la funzione esponenziale diventa modello per una strategia di diffamazione degli amici del presidente ormai scomodi; e un'equazione può ispirare la maniera per infangare la nazione che sta facendo pressioni internazionali sul tema dei diritti civili negati in Congo. Infine, la teoria quantistica (assai adatta al caos congolese) viene utilizzata per portare una parte dell'esercito a partecipare a un colpo di stato fasullo volto a incastrare l'ingestibile leader di una delle cosiddette organizzazioni politiche di opposizione: "La particella elementare non segue più un percorso preciso, ma una traiettoria possibile. Non è più un oggetto, ma una nuvola invisibile e inafferrabile che tuttavia influenza l'ambiente circostante. (
) L'esercito nazionale (
) per l'appunto, somigliava a un vasto campo quantistico in cui niente era chiaro e definito. Tshilombo contava sulla fragilità del sistema di comando nell'apparato militare. Troppe ramificazioni. Troppi uffici non collegati fra di loro. Tutti volevano dare ordini. Non si sapeva chi comandasse cosa. (
) Povero secolo, in cui lo spirito delle cose non contava più nulla. Solo le apparenze erano prese in considerazione". Anche Célio, però, si rende conto di non essere più ciò che credeva di essere, cioè un collaboratore che si limita a eliminare parassiti del potere, ma un complice a tutti gli effetti di chi sacrifica vittime innocenti, e il suo lavoro comincia a lasciargli "in bocca un retrogusto di carogna (
) Dove aveva la testa? Gli era forse sfuggito che alla corte degli stronzi, lo schivatore non è altro che il buffone?" Per "schivatore", spiega Bofane, s'intende una sorta di bugiardo e opportunista che "supera gli ostacoli, sposta indietro le frontiere dell'impossibile, disprezza i soffitti di cristallo. In termini matematici, Célio si immaginava (
) come uno schivatore di segno positivo". In altre parole, lo schivatore può essere accomunato alla figura popolare del trickster, il burlone guidato da bassi istinti ma dalla funzione ambivalente, perché spesso finisce per mettere a nudo ingiustizie e punire malvagità. E proprio a questo scopo, per mettere in azione il suo segno positivo, nell'ultima parte del romanzo Célio utilizzerà le tecniche dell'Ufficio per decapitarne i vertici. All'interno di questa trama estremamente leggibile, trascinata da dialoghi serrati, l'autore fa sentire la propria voce ironica, talvolta satirica o caustica, grazie a digressioni che escono talvolta dai confini narrativi del realismo. La fame, ad esempio, diventa personaggio dell'opera sotto forma di mostro bicefalo, che "esercitava il suo potere sugli esseri umani e ognuno dei due cervelli era programmato per una funzione precisa. Se il primo distruggeva i corpi con procedimenti quasi meccanici, il secondo liberava invece quei potenti fluidi che liquefacevano il pensiero allo scopo di azzerare la volontà del popolo". Pungente anche la prospettiva congolese sulla globalizzazione: "Gli esclusi dal miracolo economico producevano e maneggiavano derrate rare, dal valore inestimabile, destinate a una tecnologia di punta che, in alcune sue applicazioni, aveva soltanto lo scopo di asservirli ancora di più. I circuiti integrati avrebbero prodotto immagini e concetti per continuare a convincerli che sarebbero sempre stati gli ultimi del pianeta, e che tutte le loro battaglie utopistiche (
) erano comunque votate al fallimento. (
) Nel caso in cui alcuni aspetti di questa globalizzazione fossero stati percepiti male da quelle popolazioni, quello stesso rame sarebbe immancabilmente tornato sotto forma di incamiciatura di proiettili calibro 7,62, sputati con astio da qualche kalashnikov ribelle". Non sempre il talento narrativo di Bofane coglie nel segno, cadendo a volte in passaggi didascalici o leziosi, oppure usando immagini un po' forzate ("Il riverbero del sole faceva danzare le forme come le oscillazioni dell'elettroencefalogramma di uno schizofrenico in delirio"). Ma Matematica congolese resta impresso come un romanzo di grande originalità, che ricorda la frase del matematico tedesco David Hilbert riguardo a un suo studente che aveva abbandonato la matematica per la poesia: "Ha fatto bene. Non aveva abbastanza immaginazione per un matematico." Pietro Deandrea
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