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Matti da slegare nasce come esperienza cinematografica nuova nei modi prima ancora che negli esiti. Girato da un collettivo di lavoro su proposta dell’ Amministrazione provinciale di Parma, il film rifiuta un ruolo puramente documentaristico o di informazione, per farsi veicolo di intervento diretto sulla realtà politica e sociale dello spazio fisico dell’emarginazione. Il discorso sulla condizione del malato mentale si colloca quindi al di fuori della teorica «specialistica», per entrare con violenza nella realtà sociale del «matto» e nel mondo che gli sta attorno, che lo esclude o che lo sfrutta, che lo studia o che ipocritamente lo commisera. La stessa «professionalità» di un regista come Bellocchio viene così a scontrarsi, come emerge dai dibattiti e dalle interviste riportati nel testo, non solo con il trauma individuale del rapporto con la follia, ma anche con un nuovo modo di «fare cinema», che potrebbe costituire il vero discorso alternativo al modello tradizionale di gestione del film in quanto «prodotto».
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