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Buona l'intenzione, con un inizio promettente ed allettante, ma il racconto diviene presto monotono e poco coinvolgente. Mi aspettavo maggiori riferimenti storici, il romanzo di prestava bene a tal fine, mentre la storia della protagonista diviene presto un clichè noioso e ripetitivo.
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Con questo libro dal titolo vagamente demodé, Lara Vapnyar, una scrittrice giovane al suo esordio italiano, affronta un tema apparentemente stravagante: può una ragazza dei nostri tempi sentirsi irresistibilmente attratta dal ruolo di musa? Tanja, la protagonista del romanzo, una ragazza intelligente ma che si sente "senza arte né parte", è convinta di avere una vera e propria "vocazione" per fare la musa. È una vita che le sembra estremamente romantica e che offre, senza troppa fatica, la possibilità di accedere, al seguito di un grande artista o scrittore, all'immortalità. Tanja fa quindi la sua scelta e si dedica diligentemente a cercare di essere conforme all'insolito ruolo che si è attribuita con effetti talvolta esilaranti, talvolta drammatici.
A ispirarla in questa scelta originale è un precedente illustre, il personaggio realmente esistito di Apollinarija Suslova (Polina), amante di Fëdor Dostoevskij e prototipo di molte sue figure femminili. I numerosi excursus dedicati a Polina, in cui si ricostruiscono i suoi pensieri e le sue giornate in parte sulla base del diario da lei composto e in parte con la fantasia, sono particolarmente interessanti e ben documentati e costituiscono una sorta di "romanzo nel romanzo".
In realtà, il desiderio di ispirare grandi opere rappresenta un'ancora a cui Tanja si aggrappa con tenace disperazione in due momenti determinanti della sua giovane esistenza: il difficile passaggio da un'infanzia prolungata attraverso l'adolescenza all'età adulta e quello traumatico dalla società sovietica rassicurante perché nota alla vita in un paese straniero come gli Stati Uniti. La partenza dalla Russia verso una vita ipoteticamente migliore assomiglia infatti per la protagonista più a un doloroso esilio che all'inizio di una vita nuova, dal momento che Tanja, a differenza dei suoi familiari, non ha nessuna intenzione di assimilarsi all'American way of life.
L'esperienza di Tanja alle prese con l'America, un mondo i cui meccanismi le sfuggono anche per motivi linguistici, ricalca l'esperienza vissuta in prima persona dall'autrice, la quale, approdata assolutamente impreparata a New York nel 1994 a soli ventidue anni, ha incontrato le stesse difficoltà della sua eroina prima di scoprirsi non solo scrittrice, ma, con sua sorpresa, scrittrice in inglese. L'esordio americano è avvenuto nel 2003 con una raccolta di racconti, There are Jews in My House, non ancora pubblicati in italiano, a cui ha fatto seguito nel 2006 Memorie di una musa.
L'indubbia capacità di narrare, pur partendo da episodi apparentemente insignificanti della vita quotidiana, fa perdonare qualche piccola caduta di gusto e incertezza stilistica, e il romanzo si segnala, oltre che per l'indubbia originalità del tema, per lo spiccato senso dell'umorismo che pervade l'opera e soprattutto per l'autoironia, l'ormai sempre più rara qualità di non piangersi addosso. L'autrice riesce inoltre a tratteggiare con poche ma efficaci caratteristiche una serie di personaggi secondari che rimangono impressi nella memoria del lettore: lo zio, la cugina Dena, Vera, i vicini di balcone. Particolarmente degno di nota è il finale, che ribalta la conclusione della storia e proietta una luce nuova sul significato del libro.
Giulia Gigante
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