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Menzogna e potere nella filosofia occidentale - Lorella Cedroni - copertina
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Descrizione


Questo libro analizza il problema della menzogna e del potere nella storia della filosofia politica occidentale. Per Platone coloro che dispongono del privilegio della menzogna sono i reggitori filosofi, i quali la utilizzano come farmaco, solo per il bene della città. L'uso politico della menzogna, finalizzato esclusivamente al mantenimento del potere, viene perorato anche da Machiavelli, secondo il quale chi governa deve esercitare la virtù di saper simulare e dissimulare, senza però apparire spergiuro e mentitore. In epoca contemporanea, Hannah Arendt ha evidenziato come la menzogna reiterata finisca in realtà per mostrare, prima o poi, il suo impatto distruttivo sulla politica, che si realizza massimamente nei regimi totalitari. Oggi, nelle democrazie occidentali, anche in quelle più mature, l'atto intenzionale del mentire è diventato una specifica forma di azione politica che ha perduto ogni carattere di eccezionalità, non soltanto mettendo a repentaglio l'uguaglianza e la libertà di tutti, ma anche minando alla radice il vincolo fiduciario su cui si fonda ogni forma di convivenza organizzata della società.
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Dettagli

2010
1 gennaio 2010
246 p., Brossura
9788860873279

Voce della critica

Il problema non è secondario. Alla politica è consustanziale la menzogna? Detto in altre parole, la politicità dell'essere umano genera necessariamente anche la menzogna, oppure questa costituisce un tradimento dei fondamenti della politica? E quali sarebbero, dunque, questi fondamenti? Quale il significato di politica cui ci si riferisce? Attraverso un viaggio nel tempo – che trae origine dal concetto di "parresia" dell'antica Grecia e giunge a Foucault, Rorty, Jankélévitch e Said, considerando diversi esponenti del pensiero medievale e moderno, e la riflessione di Orwell, Weil, Koyré, Arendt, Del Noce e Bobbio – l'autrice cerca di problematizzare la pratica del mentire come atto voluto e, pertanto, come particolare forma di azione politica. Emerge infine, dal quadro storico-teoretico di riferimento, una vera e propria incompatibilità fra democrazia e menzogna. Se si considera la prima, infatti, edificata sulla fiducia reciproca dei governati e su quella tra essi e i governanti, la menzogna pubblica con tutta evidenza viola il patto fiduciario su cui si basa la legittimità dell'élite al potere. La questione sembra però essere ancora più grave. L'atto linguistico, infatti, è lo strumento che alimenta il legame sociale e acquista significato solo in rapporto a una generale e ordinaria aspettativa di veridicità. Occorre insomma stare attenti a non sostituire "il presupposto veritativo che fonda la società" con un fine (la carità o la solidarietà) che, "da un lato, è tautologicamente già presente nel legame sociale e, dall'altro, non può realizzarsi compiutamente se non credendo nella 'verità' del fine stesso". Chi mente (in politica) accresce il proprio potere nei confronti dell'interlocutore, ostacolandone quel perseguimento di libertà ed eguaglianza proprio di ogni società davvero democratica.
Davide Cadeddu

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