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«Le docce erano illuminate. Prigioniero di una luce bianca e rapace, il figlio della padrona si lavava completamente nudo, lo sguardo fisso alla mia finestra. Ero stordita, per un secondo ebbi l'impressione che i nostri sguardi si incrociassero. Quasi tremavo, scoprivo quella bellezza, quel corpo, quei muscoli che respiravano pesantemente lungo le cosce, il petto scoperto, il tratto marcato del sesso».
Trentacinque anni, capelli rossi, l'angoscia di aver «perso» il figlio. Una ricerca disperata trascina la giovane donna tra boschi e grotte, tunnel e carrozze di treni in corsa. Ma gli occhi guardano all'indietro, contemplando uno spettacolo che si svolge dentro il cervello. Nella luce dei sogni e nelle ombre degli incubi una sensibilità panica guida la «madre» in un viaggio senza respiro. La meta è un Messico archetipo dell'infanzia perduta, luogo dell'anima alla cui attrazione è impossibile sfuggire. Una tempesta di sabbia ferma la corsa della donna e del suo occasionale compagno, amante e aguzzino, in un eden amniotico fuori dal tempo e dallo spazio. Un «motel con piscina» nel deserto dove la «madre» febbricitante si perde in un nulla vorticoso e violento: giorni senza volontà, mentre anche la meta messicana sembra evaporare nel caldo.In questo romanzo della vita e della morte, Ersi Sotiropoulos raggiunge un traguardo assai raro, quello in cui lo stile e la forma - la pelle e la carne - si fondono in una scrittura ardente che attraversa la mente e i sensi, catturandoci in una rete onirica di miele e di angoscia: un testo ricchissimo, disseminato di «chiavi» e simboli, ma dove nulla è interpretazione e suggerimento, tutto è racconto.
Trentacinque anni, capelli rossi, l'angoscia di aver «perso» il figlio. Una ricerca disperata trascina la giovane donna tra boschi e grotte, tunnel e carrozze di treni in corsa. Ma gli occhi guardano all'indietro, contemplando uno spettacolo che si svolge dentro il cervello. Nella luce dei sogni e nelle ombre degli incubi una sensibilità panica guida la «madre» in un viaggio senza respiro. La meta è un Messico archetipo dell'infanzia perduta, luogo dell'anima alla cui attrazione è impossibile sfuggire. Una tempesta di sabbia ferma la corsa della donna e del suo occasionale compagno, amante e aguzzino, in un eden amniotico fuori dal tempo e dallo spazio. Un «motel con piscina» nel deserto dove la «madre» febbricitante si perde in un nulla vorticoso e violento: giorni senza volontà, mentre anche la meta messicana sembra evaporare nel caldo.
In questo romanzo della vita e della morte, Ersi Sotiropoulos raggiunge un traguardo assai raro, quello in cui lo stile e la forma - la pelle e la carne - si fondono in una scrittura ardente che attraversa la mente e i sensi, catturandoci in una rete onirica di miele e di angoscia: un testo ricchissimo, disseminato di «chiavi» e simboli, ma dove nulla è interpretazione e suggerimento, tutto è racconto.
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