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Nel libro ci sono tre storie: quella di un uomo che legge la dimensione umana e sociale nella quale è immerso e ne astrae camei suggestivi che ciascuno può riconoscere nella sua esperienza, quella di una rilettura di vita che porta a denudare le radici delle scelte e che chiunque fa a mezza età anche se non è ammalato e quindi chiunque può riconoscere come propria e quella, strettamente correlata, di una persona che si riappropria "pubblicamente", ma in una dimensione intima, che è pura catarsi, della sua libertà di essere vera e di infrangere i confini emotivi e reputazionali che altri hanno pensato per lei. Sono queste tre dimensioni che rendono il libro vicino a chi lo legge con mente libera. Il resto è emotività, cum patire, curiosità e, per gli addetti ai lavori, materiale per suscitare la riflessione sul fine vita. Ma non è questo che lo astrae dai molti scritti autobiografici della letteratura contemporanea e ne fa un probabile best seller, quanto piuttosto il fatto che è scritto, come raramente accade, da un grande lettore della produzione letteraria dei cinque continenti e di cui porta il segno discreto e raffinato. A dispetto del titolo, o forse proprio a sostegno di questo, è un inno alla superba bellezza della vita, ma anche un manifesto sulla difesa della libertà all'autodeterminazione ed una memoria d'accusa per quella parte di Stato e Chiesa che la limitano o negano, a tratti ironico e divertente, più spesso cosi lucidamente atroce e coinvolgente da impedire la lettura a più riprese, in favore di una prima tutta d'un fiato. Ottima la scelta dell'anonimato per preservare dalla banalità di un raffronto autobiografico ed elevare l'inevitabile dibattito dal limbo dei pettegolezzi sterili al confronto democratico, libero, onesto e fecondo su temi che interessano tutti e su cui ciascuno, prima o poi, ha il dovere ed il diritto di interrogarsi e, di conseguenza, interrogare chi lo rappresenta nelle scelte dell'ordinamento giuridico.
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