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Ristampatelo ! è un libro spiazzante , visionario , carico di elettricità mentale .
I brevi <i>poémes en prose</i> di questa raccolta non vanno pensati prigionieri di una facile o 'cantabile' (né troppo facilmente citabile) lirica.<br> Anzi. I testi di Simic registrano molte caratteristiche (si direbbe <i>slave</i>, generalizzando, immaginando legami per esempio con Holan, o con Zbigniew Herbert) specifiche della narrazione interdetta, asimmetrica, anche sognante o giocosa, ma nella quale non si dà, o si dà in forma problematica, la sfera del microracconto, del testo ritmicamente e narrativamente lineare.<br> Piuttosto, interviene una vera frammentazione e riconfigurazione - surreale - di coerenze narrative separate. Come se ogni prosa rappresentasse la somma miracolosa e senza resti di schegge di eventi eterogenei; o minuscoli apologhi emergessero solo per revocare il proprio senso e forma, tessendone semmai di incomprensibili quanto necessari.<br> L’elemento surreale, come in una galleria di piccoli quadri-enigmi, è la sigla di Simic e di altri poeti contemporanei americani: Mark Strand e John Ashbery innanzitutto. Lo osserva il curatore e traduttore della raccolta, Damiano Abeni, che giustamente fa riferimento per Simic (nato a Belgrado nel 1938 anche se prestissimo trasferitosi negli USA) alla «tradizione balcanica ed est-europea».
Recensioni
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«Mamma era una treccia di fumo nero. Mi portava bendato sulle città in fiamme», è l'incipit de Il mondo non finisce. Charles Simic attraversa con passo fermo la seconda metà del Novecento dell'Occidente, e disegnandone la geografia fantastica a cavallo del Vecchio e del Nuovo Continente cerca la verità percorrendo - e raccontandoci - i sentieri della follia. Ricostruisce un mondo in cui, come in questo libro, «il vecchio fiume [...] nella sua confusione a volte si disorienta e scorre verso monte» sotto «cieli lontani [...] pieni di piccole orecchie avvizzite e sorde invece che di stelle» e lungo «foreste di punti interrogativi». E in questo mondo ci muoviamo sentendolo nostro, riconoscendone l'attuale quotidianità, fatta di echi della seconda guerra mondiale nei Balcani, dei più semplici ricordi d'infanzia, di scene da locanda medievale. Come nei capolavori che più amiamo, ci guardiamo intorno sconcertati e divertiti in un universo che fino al momento della lettura avevamo percepito in modo diverso; poi ci troviamo come a casa, e sentiamo che ogni riga de Il mondo non finisce parla di noi e del nostro tempo.
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