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My name is Orson Welles. Media, forme, linguaggi - copertina
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Descrizione


"Sono partito dal vertice e mi sono fatto strada verso il basso". Così Orson Welles ironizzava sulla propria carriera, dalla condizione di rgazzo d'oro di Hollywood ("Quarto potere") a quella di genio in esilio, costretto a realizzare i propri film a pezzi e bocconi, sempre in lotta con le difficoltà produttive, che a volte divengono forza generatrice del film attraverso il montaggio ("Otello"), o condizione di un "work in progress" inconsciamente vissuto come interminabile ("Don Quixote"). I saggi di questo volume esaminano la produzione di Welles (teatro, radio, cinema, televisione) secondo una visione complessiva, rendendo giustizia al carattere totale dell'opera wellesiana, che attraversa e fonde i diversi media, anticipa di decenni le questioni artistiche del presente, e come tale è di sempre più scintillante e drammatica modernità.
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Dettagli

2007
11 ottobre 2006
342 p., ill. , Brossura
9788880333968

Voce della critica

Da quasi dieci anni, ormai, il glorioso Cinemazero di Pordenone, il Centro espressioni cinematografiche di Udine e la Cineteca del Friuli di Gemona fanno convergere le rispettive e indiscusse competenze nel bel progetto "Lo sguardo dei maestri", un irrinunciabile appuntamento annuale con i più importanti cineasti della storia del cinema, le cui opere tornano a sfilare su grande schermo, in copie spesso restaurate, unitamente a un convegno di studi realizzato con la collaborazione dell'Università di Udine. Iniziative come queste vanno salutate con favore e gratitudine dallo spettatore contemporaneo che, travolto da un flusso di immagini sempre più denso e inarrestabilmente veloce, di rado trova il tempo per fermarsi a riflettere sul passato (che è poi anche, ovviamente, il presente) del cinema.
Questo volume, curato con passione e intelligenza da Giorgio Placereani e Luca Giuliani, è dunque il frutto tangibile e prezioso di questo sforzo congiunto che, giunto nel 2006 alla sua ottava edizione, ha concentrato il proprio interesse su Orson Welles, artista complesso, multiforme e inafferrabile che, forse più di chiunque altro, è rimasto nel cuore dei cineasti del presente e degli spettatori di oggi e di ieri. Debuttante "di lusso" a Hollywood nel 1941 con il maestoso Quarto potere, Welles è sempre rimasto fedele alla propria matrice visionaria e irriducibile trasformandosi, a poco a poco, in un autentico pericolo pubblico per i produttori che speravano di sfruttarne la genialità allo scopo di conquistare successi al box office. È accaduto così che le sue opere finissero per diventare autentici oggetti di culto, distribuite poco o per nulla e sempre tra mille difficoltà, fino al clamoroso caso del Don Chisciotte, mai veramente terminato e fatto oggetto di restauri discussi e, a parere di alcuni, del tutto insoddisfacenti.
Welles, come viene ricordato anche nella quarta di copertina, non si è però dedicato soltanto al cinema, bensì anche al teatro, alla radio e alla televisione, con risultati in molti casi straordinari. È a partire da questa considerazione che si è mosso il convegno, chiamando a raccolta specialisti italiani e internazionali che hanno tentato di ricomporre il mosaico infinito del corpus wellesiano. Gli atti pubblicati dal Castoro sono dunque la testimonianza di un'autentica avventura scientifica che possiamo esplorare nei suoi aspetti più inediti e sorprendenti. Come sempre in questi casi, è impossibile dar conto in poche righe di oltre venti saggi, che si muovono in ogni direzione, non di rado incrociandosi e arricchendosi a vicenda nella riflessione del lettore. Citiamo, però, i nomi di alcuni fra i partecipanti al convegno, da Carlos Aguilar a Jean-Loup Bourget, da Elena Dagrada a Roy Menarini, da Jonathan Rosenbaum a Peter von Bagh, per dimostrare quanta attenzione gli studiosi di ogni paese riservino allo "Sguardo dei maestri" friulano. L'appuntamento del 2008 sarà dedicato al giapponese Mizoguchi Kenji, una scelta importante che non possiamo non condividere.
  Stefano Boni

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