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Nella città è il denominatore comune del volume, convinti come siamo che gli squilibri territoriali vadano affrontati muovendo dalla città costruita, dalla sua storia, dalla sua evoluzione, in una contingenza dove dispersione urbana, crescita delle disuguaglianze, spreco di suolo e di risorse agricole sono malanni che si tenta di curare con ambiziosi programmi di housing, con ispirati propositi di politiche verdi, con la conclamata enunciazione di progetti per incubatori che facciano nascere nuovi luoghi per nuovi lavori; tuttavia davvero grande è la distanza tra gli enunciati, la pratica quotidiana e i risultati della (tentata) applicazione soprattutto nei contesti metropolitani, dove vengono al pettine antichi nodi mai sciolti: la mancanza di studi sviluppati con continuità e profondo rigore scientifico, l’assenza di regole certe e la poca convinzione nell’applicarle, l’inveterata abitudine di cercare le ragioni dell’intervento urbano soltanto dopo averlo deciso, la conseguente estemporanea invenzione di sempre nuovi e inevitabilmente fragili strumenti disciplinari. Ma cosa occorre per sostituire, all’impostazione «tattica»del progetto urbanistico adesso in auge, una più complessa e impegnativa concezione «strategica»? In tal prospettiva certo non aiuta la sempre minore attenzione agli aspetti conoscitivi nei piani comunali né soccorrono le carte tematiche d’obbligatorio corredo in ogni piano, poiché ciò che vale non è tanto la quantità d’informazioni quanto la coltivata attitudine a costruire continue relazioni tra componenti anche distanti, ritrovando trame sottili nel tessuto della storia e respingendo una deriva che, anche nei piani più recenti, evidenzia l’impossibilità d’applicare con qualche efficacia i vecchi metodi d’analisi a fenomeni del tutto nuovi; purtroppo i rapidi cambiamenti degli scenari nazionali e internazionali in materia politica, economica, scientifica, comportamentale hanno concorso a indebolire la visione «strategica», abbandonando il progetto della città e del territorio ai fuochi d’artificio di politici di passaggio e guru dell’architettura, tendenza che ha trovato accoglienza anche nelle Scuole di Architettura dove sempre più prevale l’adesione acritica ai «grandi» progetti delle amministrazioni comunali nella speranza di acquisire visibilità, anche personale, e risorse economiche; oltretutto, abbandonati i programmi di lungo respiro, lo scavo tenace alla ricerca delle informazioni, la paziente sperimentazione di modelli di piano espressamente dedicati alle peculiarità locali,troppo è stato il campo lasciato all’intervento per parti e privo di quadri di riferimento costruiti con scientifico rigore; è questo dunque il momento di sperimentare nuove rotte, con strumenti accurati e raffinati, e gli scritti di questo libro, pur differenti per impostazione e temi ma accomunati dallo sforzo d’illustrare l’intima relazione tra lo studio d’un territorio e il suo progetto, vorrebbero essere accolti come un invito a un rinnovato impegno nel ricercare nuovi e più solidi strumenti per il progetto della città, oggi ancor più indispensabili.
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