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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2018
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Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il romanzo sembra nascere dall’urgenza che ha avuto Umberto Eco di sottolineare la critica ai mezzi di comunicazione e in particolar modo alla stampa quando diventa il mezzo di diffamazione del padrone. Il caso Mesiano, che passerà alla storia come il giudice dei calzini azzurri, per Eco ha segnato uno spartiacque: l’informazione cede il passo alla mistificazione pubblica volontaria.
Romanzo breve, insolito per Eco, che usa l'espediente narrativo per raccontare e spiegare complotti e misteri del secondo guerra italiano. Una lettura che insegna e ricrea. Consigliatissmo
Eco abbandona i territori storici e fantastici a lui congeniali e si tuffa nella quotidianità con un libro nel quale ogni riferimento è puramente voluto, sia esso esplicito che velato. Da esperto semiologo, calato nell’ambiente giornalistico – ma le tecniche di (dis)informazione valgono anche per altri contesti comunicativi – l’Autore indica come indirizzare l’opinione pubblica o vellicare gli istinti più bassi: esattamente ciò che avviene dalla fine dello scorso secolo ad opera di TV e quotidiani gestiti da un padrone tanto abile quanto spregiudicato le cui tecniche hanno fatto scuola. È la descrizione malinconica della nostra società dall’alto tasso di semianalfabetismo linguistico e culturale, la ricostruzione fantasiosa, affidata al tono delirante di un collega della voce narrate, dei grandi misteri dell’Italia repubblicana – un inquietante affresco che si rivelerà in gran parte vero. Chi si attende le atmosfere medievaleggianti e le trame affascinanti che caratterizzano le prime opere dello scrittore rimarrà deluso; ma si resta conquistati per come Eco spesso sia in grado di rivoltare la lingua italiana come un calzino maneggiandola come la creta e capovolgendo con arguzia i luoghi comuni.
Recensioni
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Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo. Una storia che si svolge nel 1992 in cui si prefigurano tanti misteri e follie del ventennio successivo.
È la negazione della professione giornalistica, ma anche la parodia, un po’ grottesca, di quello che è poi realmente avvenuto in molti giornali “di regime” italiani durante la cosiddetta Seconda Repubblica. Umberto Eco ritorna al romanzo e torna a occuparsi degli argomenti che gli sono più cari: complotti, dietrologie e falsi miti questa volta riguardanti la storia recente italiana, logge segrete, piani oscuri dei servizi deviati e contro-storie mai raccontate. Questa volta, però, il suo protagonista non è né un fine pensatore, come Guglielmo da Baskerville del Nome della rosa e né un furbo falsario, come Simone Simonini del Cimitero di Praga. Colonna è un giornalista da quattro soldi, uno scribacchino fallito, come ama definirsi, che alle soglie dei cinquant’anni, dopo aver abbandonato gli studi, aver scritto per giornali locali, rivisto centinaia di bozze e fatto il ghost writer per scrittori peggiori di lui, riceve la proposta che forse può cambiargli la vita.
Siamo nel 1992 e Milano, insieme ai suoi apparati di potere, sta per essere travolta dall’inchiesta Mani Pulite. Un noto imprenditore locale, proprietario di qualche emittente privata e di riviste scandalistiche, oltre che di numerose cliniche private sulla costiera romagnola, il Commendatore Vimercate, decide di finanziare una nuova testata giornalistica, il Domani, e di mettere insieme una redazione molto particolare. Il direttore è il machiavellico dottor Simmei, gli altri cinque redattori sono tutti rinomati fannulloni, rottamati da riviste di poco conto, che fino a quel momento si sono occupati principalmente di oroscopi, enigmistica e affari di cuore. Colonna è l’unico ad avere un ruolo di rilievo, il capo redattore, ed è anche l’unico a conoscere le reali intenzioni dell’editore. Il Domani non è un giornale qualunque, che si occupa degli argomenti avvenuti il giorno prima ma, come dice il nome stesso, è un giornale che parla del domani, del giorno dopo la pubblicazione, che quindi ipotizza, suggerisce, allude a fatti che non sono ancora successi ma che potrebbero succedere e coinvolgere personaggi illustri.
Uno strumento molto potente, insomma, in grado di condizionare e indirizzare il comportamento di molte persone. Su questo nuovo mestiere di giornalista, che deve saper prevedere e suscitare reazioni, creare notizie dal nulla e affossare verità conclamate, il direttore basa le sue quotidiane lezioni durante le riunioni di redazione, offrendo a tutti i suoi giovani collaboratori le “armi” del mestiere. In realtà il Domani è un giornale destinato a non uscire mai, e tutti lavorano soltanto al “Numero Zero”, una prova generale di quello che il giornale potrebbe diventare: uno strumento di ricatto infallibile e ben affilato.
Ma quello ideato dal Commendatore è un gioco pericoloso che non tiene conto della presenza, all’interno della redazione, di un personaggio che del complotto ha fatto la sua ragione di vita. Romano Braggadocio, esperto di scandali con la fissa per Mussolini, tra un incarico e l’altro sta ricostruendo uno dei misteri più intriganti d’Italia: la reale sorte del Duce alla fine della Seconda guerra mondiale. Braggadocio sta conducendo da anni un’inchiesta che lo porta nei luoghi più oscuri e malfamati di Milano e che riguarda Gladio, la P2, l'assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia e chissà cos’altro. Il Colonna verrà messo a parte dei suoi progetti, e sarà il primo a trovarsi in pericolo quando la vicenda prenderà un’inevitabile piega noir.
Prosegue sul filone della “paranoia del complotto” questa nuova sorprendente opera di Umberto Eco, che ancora una volta, mentre porta alla luce gli aspetti più oscuri e gotici di Milano, offre un’inedita chiave di lettura ai fatti che hanno caratterizzato la storia d’Italia negli ultimi cinquant’anni. Si potrebbe anche credere che Numero zero sia solo un romanzo, ma quando si tratta del famoso filosofo e semiologo di Alessandria, davvero i confini del genere perdono ogni consistenza e tutto può essere letto come una gigantesca metafora.
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