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Opere. Vol. 3\2: La letteratura italiana contemporanea.Scrittori, critici e pensatori del Novecento. - Sergio Solmi - copertina
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Opere. Vol. 3\2: La letteratura italiana contemporanea.Scrittori, critici e pensatori del Novecento. - Sergio Solmi - copertina

Descrizione


Nel secondo tomo della "Letteratura italiana contemporanea" Solmi integra il panorama di oltre mezzo secolo di vita del nostro Novecento, dalla prima guerra mondiale sino agli inizi degli anni Ottanta, con nuove testimonianze e interventi, spaziando dal dibattito sulla critica letteraria alle riflessioni di teoria letteraria e di estetica. Completa il libro una breve serie di "Note su autori stranieri".
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Dettagli

1998
28 gennaio 1998
718 p.
9788845913501

Voce della critica


recensione di La Porta, F., L'Indice 1998, n. 8

"Ho letto, nella versione italiana, il garbato romanzetto di Salinger". La recensione di Sergio Solmi al "Giovane Holden* (nel 1962), ora nelle "Note su autori stranieri" che concludono questo volume adelphiano scrupolosamente curato (come gli altri dedicati al nostro grande saggista) da Giovanni Pacchiano, rappresenta un paradigma dal punto di vista della critica militante. Può anche stupire come un critico formatosi negli anni venti su Croce e Gobetti, così sollecito verso le sorti delle patrie lettere tra le due guerre, si applichi con tanta partecipe acribia ad un "romanzo-cult" dell'adolescenza d'oltreoceano. Eppure l'attenzione di Solmi si appunta proprio sullo "slang" crudo di Salinger, con i suoi traslati osceni e la sua parodia della cultura, che forse "gli studenti italiani di oggi considererebbero con piglio "high-brow"". Il suo sguardo si allarga dalla letteratura alla società e poi di nuovo alla letteratura, con sovrana assenza di metodo, con acutezza interpretativa, con un finissimo "orecchio" al ritmo della prosa.
Ma come "nasce" il critico Solmi e come avviene la sua "Bildung" torinese negli anni venti di questo secolo? Si potrebbe dire: al principio fu Croce. Però la convinta adesione all'estetica crociana non nasconde mai di queste oscillazioni, antinomie logiche, sistemazioni provvisorie, perfino i dubbi tormentosi. E ci colpisce proprio per schiettezza e originalità di ragionamento tutto l'argomentare di Solmi sulla questione squisitamente crociana del rapporto tra arte e vita, nella recensione all'estetica di Tilgher. Insomma, qui e in altre pagine il critico torinese, così alieno da accademismi e specialismi, si impegna sempre a mettere in relazione tra loro il "libro" e la "vita", ma in modo quasi "naturale", senza alcuna enfasi o dichiarazione programmatica. La sua è una critica "esistenziale" in cui l'interrogazione sull'esistenza si dissimula (ma non si sdrammatizza mai!) in un "understatement" conversativo. Credo anzi che una certa rimozione di Solmi, nella cultura letteraria di oggi, sia dovuta soprattutto alla sua inattuale riservatezza e sobrietà, al suo apparente moderatismo (che non gli vieta di pronunciare giudizi impietosi, oltranzistici, come quello sulla assenza di leggerezza in Pirandello, o su D'Annunzio "inesausto cacciatore di temi"). Il suo stile è pacato, discorsivo, di respiro a volte un po' faticosamente ipotattico, ad ampie e generose volute, di nitore "classico" e insieme debitore verso un lessico da critica anni venti. Ma forse il lettore di oggi, dopo tanto arido strutturalismo con pretese scientifiche, può anche accettare senza troppo disagio la colorita, impressionistica aggettivazione di queste pagine, a tratti un po' retrò (quella "prosa vaporosa", quel periodo che si illumina "di quiete luci descrittive"), semplicemente immaginando il critico mentre sta parlando. E allora l'inserto autobiografico, decisamente inconsueto entro una pagina così composta ("il tedio di questa mattina di Marzo, che svaria dal verde smorto delle piante al grigio sporco del cielo, il cattivo sapore della malattia in bocca") gli apparirà come una normale digressione all'interno di un eloquio quieto, civilissimo ma stringente. Mentre il vivace cosmopolitismo di Solmi, testimoniato dalla curiosità verso gli autori stranieri, rivela una apertura culturale spesso assente nei critici militanti di oggi: ad esempio, per recensire Vittorini rinvia opportunamente ad altri libri su rivoluzioni e guerre civili come quelli di Serge e Hemingway.
Dunque, Solmi ci appare come il Critico Militante per definizione del nostro Novecento. Così inesauribilmente curioso verso la contemporaneità (non soltanto letteraria, pensiamo alla superba attitudine a descrivere paesaggi culturali e stili intellettuali). Così incline a seguire e incoraggiare gli autori con suggerimenti, indicazioni che non nascono da poetiche aprioristiche ma dalle premesse degli autori stessi. Così ben saldo nelle proprie idiosincrasie. "Mi ha sempre disturbato l'idea odierna (...) che fa della poesia una sorta di conoscenza esoterica e privilegiata".

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Conosci l'autore

Sergio Solmi

1899, Rieti

Poeta e saggista, compì gli studi liceali a Torino, si laureò in legge (1923) e fondò con G. Debenedetti e M. Gromo la rivista «Primo tempo», collaborando anche al «Baretti». Si stabilì poi a Milano. Durante la II guerra mondiale aderì al partito d’azione e militò nella resistenza. Fu rinchiuso nel carcere di San Vittore, e da questa esperienza nacque Aprile a San Vittore, una delle espressioni più intense della poesia partigiana. Formatosi nell’ambiente gobettiano, S. si rivelò, fin dagli esordi, un saggista acuto e originale. Fondamentali i suoi scavi nella letteratura francese, da Il pensiero di Alain (1930) a La salute di Montaigne e altri scritti (1942) a Saggio su Rimbaud (1974) e La luna di Laforgue...

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