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Sembra davvero ragionato da un bambino, una specie di flusso di coscienza di un ragazzino di dieci anni che per definizione odia il fratellino e lo pesta per poi capire che gli manca e lo ammira, mente e disubbidisce ai genitori per poi fare carte false e notti in bianco per evitare loro i litigi. Bel punto di vista altezza metro e trenta sulla povera periferia di Dublino di qualche decennio fa.
Discreto. L'avevo scelto per leggere qualcosa di leggero, ma non mi ha soddisfatto appieno. L'introspezione del protagonista e le descrizioni sono ben curate, ma alla lunga è un po' monotono. Abbastanza irritanti gli episodi di umorismo un po' cinico.
Irlanda 1968, Paddy ha dieci anni, è il primo di quattro figli e cerca di spiegare la confusione che genera lo strappo dall’età detta innocente a quella della consapevolezza adulta. E’ un libro molto tenero e a tratti molto commuovente, specialmente dove parla delle lotte “di classe” tra i bambini, quelle che portano alla decisione su chi sarà il Leader di turno, lotte gestite non solo dalla supremazia del singolo bambino, ma anche dallo stato sociale della famiglia e dal sentito dire (pettegolezzo) sulla vita pubblica e sul ruolo apparente delle comunità piccole e disagiate. E’ un buon racconto, amaro quanto basta, cioè non molto straziante, ma con una giusta dose di cognizione su quello che riguarda il passaggio dal semplice essere figli al diventare persone fatte con pensieri ed azioni proprie. Può ricordare (in senso minore) LE CENERI DI ANGELA, anche se lo stile non è puro come quello di McCourt, e anche l’Irlanda di Doyle è diversa come epoca e struttura sociale. Se vi capita leggetelo: è un tuffo in un’epoca passata ma non troppo lontana dalla nostra, dove i bambini giocavano in strada senza paura del pedofilo di turno, dove correvano mille pericoli ma c’era sempre un dio che aggiustava le teste rotte e che vegliava il sonno dei giusti. Dove il bambino era energia ma anche affanno per la famiglia e sempre alla continua ricerca della certezza dell’amore. Penso che sia ancora così. L’infanzia per fortuna resta infanzia
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