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Un'originale raccolta di poesie barocche sugli orologi.
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Non vorrei sembrare ripetitivo, ma anche stavolta aveva già capito tutto il mai troppo compianto Gesualdo Bufalino, quando, riflettendo sui caratteri più profondi della cultura della sua amata Sicilia, notava che essa è fondamentalmente barocca e che a sua volta il Barocco è fondamentalmente riflessione sulla morte. Lo scrittore di Comiso al buio della morte amava poi affiancare la luce abbagliante e meridiana della sua terra come simbolo di vita, mentre in questa deliziosa raccolta di liriche barocche sul tema dell'orologio di luce ne resta poca, mentre le meridiane abbondano: gli "orologi a sole". Arguto e concettoso (del resto, visto l'argomento...) il breve saggio introduttivo di Vitaniello Bonito, stuzzicante e variegata l'antologia di liriche barocche, scarno ma più che sufficiente l'apparato di note (purtroppo non a piè di pagina), pregevole (come sempre) la veste editoriale della collana "Il divano" dell'editore Sellerio, un autentico "saucerful of secrets" (i lettori baroccamente floydiani capiranno l'arguzia...). Insomma, che aspettate a procurarvelo? Tempus fugit... "Quei che le vite altrui tradisce e fura, / qual reo su cento rote ecco si volve, / e lui, che scioglier suol gli uomini in polve, / con poca polve or l'uom lega e misura. // E se con l'ombre i nostri giorni oscura, / se stesso in ombra ai rai del sol risolve; / quinci apprendi, o mortal, come dissolve / ogni cosa qua giù Tempo e Natura. // Su quelle rote egli trionfa e regna, / con quella polve ad acciecarti aspira, / e tra quell'ombra ucciderti disegna. // Su quelle rote i tuoi pensieri martira, / in quella polve i tuoi diletti ei segna, e tra quell'ombra ombre di morte aggira." (Giovan Leone Sempronio, "Orologi da ruote, da polve e da sole", p. 93)
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