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Sullo sfondo c'è una Berlino bellissima e inquietante, proiettata nel futuro e allo stesso tempo inquinata da un presente inafferrabile e malfido, colta nei suoi panorami, nella sua storia, nelle persone che la abitano e nella sua inconfondibile atmosfera. Siamo nel 2003; un trentacinquenne disilluso e una ventenne utopista si incontrano, ognuno testardamente perso dietro a una sua quête, ma appartenenti in fondo alla stessa famiglia. Christian vivacchia come giornalista culturale, e si è messo in testa di intervistare un ex terrorista italiano rifugiato in Francia; Nele invece è studentessa, e fa parte di un gruppo che cerca di gettare sabbia negli ingranaggi del sistema con performance situazioniste che dovrebbero far riflettere i concittadini sul controllo a cui sono costantemente sottoposti e sulle contraddizioni del tardo capitalismo. Sono entrambi esponenti del precariato intellettuale, divenuto ormai vero e proprio ceto sociale in un'Europa che sembra avere smarrito la fiducia nel futuro. Fra i protagonisti silenti del romanzo c'è l'utopia, declinata in ogni modo nel gergo fintamente oggettivante della sinistra rivoluzionaria lungo gli anni settanta per poi essere abbandonata in un angolo; oggi impastata di scorie e insieme di elementi vitali, sempre minacciata dal potere che a tratti lavora per esasperarla, con la speranza di poterne dichiarare il fallimento definitivo. Fra i protagonisti del libro c'è anche il buon vecchio amore fra due persone, esiguo e imprescindibile spazio di libertà sottratto a qualsiasi controllo; e le scene d'amore, per una volta, non sembrano la solita pornografia soft, spiata dal buco della serratura, ma momenti in cui persino la vita sembra avere un senso.
Il romanzo è costruito con una tecnica che ha molto di cinematografico, dal montaggio incalzante di brevi blocchi narrativi focalizzati su un singolo personaggio alla lingua di Peltzer, estremamente concentrata sui dati materiali e sulle immagini, ma allo stesso tempo duttile e ricca di variazioni, che l'italiano di Cristina Vezzaro sa rendere assai bene. Filmico è anche l'ammiccare al genere spy-story, fra appuntamenti segreti, telefonate anonime e false identità. Fra i molti spunti di questo libro complesso e sfaccettato, mi pare che uno fra i più interessanti, per il pubblico italiano, sia quello del modo in cui viene trattata la nostra storia recente, dal caso Moro all'assassinio di Marco Biagi, l'esperienza un po' straniante di leggere con altri occhi avvenimenti drammatici, fotografie di casa nostra appese su altri muri, storia ripercorsa peraltro nel modo divenuto ormai consueto per tutti: tramite l'ambigua e malsicura guida di internet. Christian cerca di farsi un'idea del movimento terrorista nostrano vagando nei meandri di Google, scontrandosi da un lato con la sua scarsa conoscenza dell'italiano, dall'altro con un linguaggio che gli è estraneo, che non fa presa sulla realtà: "Chi si legge 25 pagine di comunicato delle BR?" si chiede a un certo punto. È tutto un avvicinarsi alla realtà per frammenti, molecole; come molecolare sembra l'approccio del gruppo di cui fa parte Nele, vago nelle sue teorie e velleitario nelle sue intenzioni. E tuttavia: Nele perlomeno agisce, cerca di essere "parte della soluzione" invece che parte del problema, mentre Christian, come la maggior parte di noi suoi coetanei, ha un atteggiamento disilluso e cinico, "parassitario", come lo definisce la studentessa, rispetto all'utopia e alla storia, che pure lo affascinano; ed è sostanzialmente incapace di agire. La baldanzosa freschezza di Nele, invece, sembra rappresentare una via plausibile per uscire dallo scacco.
Massimo Bonifazio
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