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Per Croce. Estetica etica storia
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Descrizione


La storia è, per Croce, "circolo del fare e del conoscere e del rifare e riconoscersi". Il fare è già volto al conoscere, come la domanda è già esigenza della risposta e la forza che libera il passato, il futuro, è già nel passato, nella tradizione. Sempre il fine è differimento dell'inizio, il futuro del passato, non la sua fine. Così come la vita è riaffermazione della vita contro la morte. Il circolo, la ripetizione differita è il vero principio della storia. E' circolo necessario, condizione di possibilità di tutto, anche di se stesso? O circolo del possibile, dell'aperto, della vita, della domanda e della risposta irresolubili? Su questi quesiti lasciati aperti da Croce, gli autori del libro tornano a interrogarsi.
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Dettagli

1995
1 gennaio 1995
280 p.
9788881141593

Voce della critica


recensione di Cresto-Dina, P., L'Indice 1996, n. 9

Come è stato più volte osservato, il ritorno dell'interesse per Croce che ha caratterizzato l'ultimo decennio degli studi filosofici in Italia ha ricevuto i maggiori impulsi nei due ambiti dell'indagine estetica e del pensiero etico-politico, a loro volta strettamente connessi con quella problematizzazione della struttura categoriale del conoscere storico che attraversa, come un vero e proprio filo conduttore, tutta la parabola della riflessione crociana. Il volume, che raccoglie i contributi di alcuni tra i migliori specialisti del campo, tenta di articolare le molteplici relazioni che si intrecciano tra questi diversi settori di ricerca, individuando proprio nella tematizzazione del tempo storico il luogo a partire dal quale risulta ancora possibile confrontarsi con l'itinerario speculativo del filosofo napoletano in una dimensione che non sia meramente ricostruttiva, ma riproponga in termini forti l'eventualità di una sua rilettura alla luce dei contenuti dell'esperienza odierna.
È l'idea che è stata allusivamente condensata nel titolo stesso della raccolta, il quale, mentre contiene da un lato il riferimento a quello di un celebre testo di Althusser (Pour Marx), rinvia dall'altro alla triplice organizzazione del materiale qui confluito. L'intenzione "attualizzante" non sembra però segnata dal privilegio accordato a un univoco indirizzo interpretativo, n‚ riproduce in qualche modo un qualche orientamento di scuola: la collocazione teorica dei vari autori dei saggi, così come lo stile argomentativo caratteristico di ciascuno di essi, testimonia piuttosto della volontà di affermare una dimensione dialogica del filosofare, tanto più significativa in quanto si esercita nei confronti di un pensatore sul quale hanno pesato per decenni accuse, più o meno giustificate, di egemonia culturale all'interno del nostro paese.
Da questo punto di vista è interessante, per limitarci a un caso esemplare, la presenza di un saggio come quello di Gabriele Scaramuzza, teso a stabilire la distanza tra l'estetica crociana e il metodo fenomenologico di indagine sull'arte, tra un'estetica che opera per "riduzioni identificanti" e finisce per fagocitare la concreta esistenza dell'arte e uno stile di ricerca che non dimentica invece il problema di una ricognizione delle forme (generi, tecniche, costanti del comportamento estetico, valutazioni pratiche) attraverso le quali la generalità del principio estetico si media con l'affermata singolarità e inconfrontabilità di ogni opera.
Allo stesso modo si può accogliere con favore, quale ulteriore espressione di un atteggiamento ormai affrancato da tradizionali pregiudizi e desueti vincoli di ortodossia, l'alternarsi nel volume di contributi determinati all'esplorazione di singoli campi tematici e organizzati sulla base di una relativa aderenza alle formulazioni testuali degli scritti di Croce, e contributi nati invece dal bisogno di un autonomo svolgimento teorico dell'uno o dell'altro motivo presente nell'opera del filosofo. Al primo gruppo possono essere ricondotti, a titolo di esempio, l'esauriente e perspicuo saggio di Paolo D'Angelo sui rapporti tra Croce e l'estetica romantica, i due interventi di Vittorio Stella (costruito il primo come una penetrante indagine sulle ragioni dell'opposizione crociana nei confronti della "poesia pura", volto il secondo a una disamina di alcuni nodi teorici nel rapporto tra storia ed etica), nonché i saggi conclusivi di Paolo Bonetti, su principi, volizioni e regole nell'etica crociana, e di Corrado Ocone, sul carattere "metapolitico" della concezione liberale in Croce.
Appartengono invece al secondo gruppo - secondo la sommaria distinzione che abbiamo proposto - due dei saggi che compongono la sezione introduttiva del volume, dedicata alla teoria della storia. Pensiamo a quello di Renata Viti Cavaliere, incentrato sull'idea della natura temporalizzatrice del giudizio storico e a quello dello stesso curatore della silloge, Raffaele Bruno, sul concetto di redenzione quale fondamento di un'interpretazione dialogica della storia. Nel primo caso il nesso tra esperienza della verità e percezione della finitudine viene opportunamente articolato in funzione di quell'apertura della temporalità storica che Croce ha concepito alla luce dell'universale concreto, sintesi di universalità e individualità, definizione e intuizione, permanenza e rappresentazione del mutevole. La tesi è che nel determinare la forma logica del giudizio storico Croce abbia dato espressione a una radicale concezione della temporalità, fondata sul presupposto della centralità di un io narrante e giudicante nel presente, per il quale si costituisce nel racconto la trama stessa della coscienza temporale. Invece nel saggio di Bruno, che prende le mosse dalla discussione del detto di Croce secondo il quale "l'uomo vive nella verità", la contestazione crociana dell'idea della storia come rivelazione di un sapere assoluto viene condotta fino al punto in cui, condensandosi in una prospettiva storica liberata da ogni dimensione utopica, dà luogo all'esigenza di una redenzione del male, del corpo, della vita in quanto tale, dell'instabile e del transitorio come momenti essenziali della verità.
Nel rapporto delle posizioni crociane con altri fondamentali indirizzi teorici del pensiero del nostro secolo si delinea in misura consistente la tendenza alla distinzione e all'accentuazione delle divergenze piuttosto che all'assimilazione, sia che una tale tendenza si giustifichi, come per Scaramuzza, a partire dalla consapevolezza dei limiti del discorso di Croce, sia che presupponga, come avviene nel confronto svolto da Girolamo Cotroneo tra il modello storiografico crociano e la storiografia francese delle "Annales" e della nouvelle histoire, l'idea di una portata teorica della riflessione del filosofo non ancora del tutto esplicitata e compresa.
Se l'assenza in questi scritti di una considerazione diretta della logica e della gnoseologia riflette un orientamento diffuso negli studi crociani degli ultimi anni, meno scontata, e probabilmente degna di qualche segnalazione, è la scarsa attenzione accordata ad ambiti quali la linguistica, l'economia politica, la critica letteraria e la ricerca storiografica in senso stretto, settori di ricerca che pure avrebbero potuto trovare legittima collocazione nel contesto. Ma occorre altresì considerare come non rientri tra le ambizioni del volume quella di fornire un'immagine esaustiva degli attuali orientamenti della critica; l'intento è piuttosto quello di "provocare" un certo numero di problemi a partire da alcuni itinerari privilegiati che la vasta speculazione crociana offre alla riflessione di questo scorcio di secolo. Il ritratto crociano che l'insieme degli studi restituisce è, almeno in una certa misura, quello di un pensatore della finitezza, teorico di un'esperienza storica che necessariamente si attua a partire dai limiti temporali dell'esistenza individuale e del suo concentrato operare, difensore della realtà effettuale e dell'esigenza di ricondurvi le eterne categorie del reale, propugnatore di una filosofia capace di superare la forma della speculazione astratta per farsi "filosofia dei fatti particolari", "storia pensata", "metafisica dell'immanenza".

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