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Soltanto occhi profondamente feriti possono leggere sulla lavagna della notte; tratteggi dapprima avari, acerbi, sforzi e stenti in una caducità che quasi annega si affacciano poi fiduciosi allo sguardo di chi li incontra simili a stelle decise che spianano una rotta. Qualcuno da qualche parte è stato scelto, un suono di chiamata è rintoccato. Nessuno saprà mai come la parola punti alcuni uomini, nessuno potrà mai intuire gli azzardi e le fonti in cui va a formarsi un simile mistero. Ma nessuno, a quel punto, può salvare un uomo da ciò che lo sta aspettando: un destino di poeta. Un'ombra di vertebre spezzate può diventare così essenza autentica consegnata a pagine rare, l'ora in cui ogni lancetta si china sotto la coltre di un tempo che non conosce più né il proprio nome né il proprio stesso uso. E se quello "è il sole dei morenti", allora si può affermare che la poesia ne è il raggio più scelto, più salvificamente riuscito. A partire da un certo giorno la vita di Bousquet diviene la storia di una clemenza a cui persino il dolore s'inchina quando dai suoi morsi orrendi vede colare inchiostro grato alla condizione che esso stesso ha prodotto. Simile allo scandalo di un paradossale perdono in un ventre quasi senza domani, dorato magma su quelle piaghe sfatte. L'ingiusto di un proiettile in piena schiena costruisce pian piano il verdetto di un altrove eccelso. Quel letto che lo lo inchioda a perimetri costretti si fa barca e timone di una poesia sorgiva, aurora di canto che torce il nero di ogni morbo. Il poeta accoglie l'affanno pur nell'oppio delle sue ore disabili, il passo ucciso non rimpiange la corsa, l'ala spezzata non tenta cuciture, aggiustamenti. Più caldo ora è il mantello dell'umano, perché "sull'erba raggelata" del sentire il verso conosce nuovi steli, nuovo gesto. Bousquet abita un corpo oltre il corpo, ed esorta chi legge in questi versi stupendi: "Abbiate miglio per gli uccelli degli occhi".
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