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È possibile far dialogare la poesia dialettale d'ispirazione popolare con quella in dialetto a carattere colto? In un implicito richiamo a Pasolini, punto di ricomposizione di tradizioni, si prova a ripensare il valore di distinzioni canoniche, nell'alternanza tra le voci critiche dei maggiori filologi e antropologi e le testimonianze dirette dei poeti, sino all'apertura alla poesia dell'immigrazione, secondo quanto è stato stabilito nel convegno tenutosi al Museo di Casa Giusti a Monsummano Terme (PT) dal 16 al 17 maggio 1997, di cui il presente volume raccoglie gli Atti. Il canto popolare della tradizione toscana, rispecchiata nella straordinaria raccolta di fonti di Gastone Venturelli. Il dialetto come lingua della poesia ma anche della vita e degli affetti per il molisano Eugenio Cirese e il siciliano Ignazio Buttitta, nelle testimonianze dei figli antropologi. I poeti contemporanei - Raffaello Baldini, Amedeo Giacomini, Roberto Giannoni, Franca Grisoni, Franco Loi, Achille Serrao - non soltanto nei loro versi, ma anche nei dialoghi della tavola rotonda, dove emerge la complessità dei motivi dell'approdo a un mezzo espressivo non consunto come il dialetto, divenuto lingua di poesia dietro la spinta di problematiche diverse, sullo sfondo delle contraddizioni dell'Italia del secondo dopoguerra. Quindi le esperienze raccolte intorno a "Caffè", rivista multietnica che dà voce alla ricerca da parte dei poeti immigrati di una perduta identità che non è più quella del paese di origine, ma quella dettata dalla volontà di essere riconosciuti parte vitale del paese in cui vivono da emarginati, in una scrittura poetica in italiano che assume il carattere di denuncia. Superate le barriere delle tradizionali separazioni, resta infine la percezione di un unitario concerto di lingue e metri diversi, quelli che ogni poeta ha scelto per rendere suoni, emozioni e pensieri. L'identità delle voci poetiche in dialetto nell'Italia di oggi.
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