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Improvvisi e brevi brillii di un pomeriggio dall'annuncio lento, dai cardini arrugginiti, dove qualcosa dentro inizia a domandare ma non sa a né a chi bussare nè come tradurre quelle lancette inquiete. Poi si fissa un punto nella darsena degli scaffali e si scopre, così a caso, che fra i mille e passa battelli di carta ormeggiati lì, uno, dal proprio scafo, ha ascoltato quei grumi scontrosi, insoddisfatti, e vuole risponderci, tentare una parola. E il libro è questo, e questi i versi: "Forse nel cuore della notte batte a volo/ un grido di rondine attardata;/ ma non è che un lusso,/ e tutta questa esteriore fucina di lacrime/ doveva forse dire fine a un addio,/ con lo stesso terrore con cui mi guardi/ od io ti guardo a fine di giornata./ La fine di un giorno non è che un lusso semplice,/ un'orchidea ora splende nella mano". La lingua germogliata ancora scende nel ventre dei tanti vulcani dell'io e prova dalla sua brocca a gettare un'acqua di sollievo, una presenza attenta, un conforto. La poesia conosce chi la sta invocando, sente gli ardori dello scontento, le febbri della carenza, le necessità del non ovvio, la benda che pian piano allevia pur senza mai salvare del tutto, perché se la vita è pur sempre in perdita "lo spazio concavo era una meravigliosa uccelliera,/ dove a un nido, a un bacio ignorato/ fluivano meravigliosi i fiumi/ di cui vedevamo la meraviglia da lungi/ nel nostro silenzio ch'era fame". Il poeta canta l'assenza, dà un volto al mancato, al tolto, al perduto, e anche se il parto è un corteo di parole scelte, quelle sono lo stesso giuste, le esatte in quel momento, in quello stato d'animo, in quella caduta: "Venne una donna snella e incominciò a raccontarmi...". Silloge colta, casta e ricchissima di un poeta la cui voce merita le prime file di ogni sincera antologia del Novecento: "Sono il solitario origliere di ciò che dorme,/ perciò scrivo con la tacita mano,/l'occhio rivolto ai sonni". Fatevi del bene, leggete Lorenzo Calogero. Spesso.
uno dei più grandi poeti del 900 italiano. leggere per credere: Il tuo sorriso è un sorriso oggi all'oscuro/e contiene gli echi di ogni distruzione./tu ti appoggiavi un momento sulla mia guancia.
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