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Forlani, uomo mite, culturalmente molto attrezzato, un politico di razza, onesto e motivato da spirito di servizio e cristiana dedizione. Ingiustamente processato, fu anche assolto. La sua statura morale si erge come luminoso faro nell'orizzonte del primo cinquantennio di storia repubblicana.
Soldi buttati. Libro "trasparente" e marginale. Nulla di nuovo.
Recensioni
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Il metodo che i curatori hanno usato per registrare giudizi e rievocazioni di Arnaldo Forlani sui suoi cinquant'anni di militanza politica nella Dc, e sulle responsabilità di governo che in vari momenti ha avuto, è l'amichevole conversazione a ruota libera, cioè "senza schemi preordinati", né di carattere cronologico né di puntualità tematica. La scelta è in sintonia con la proverbiale pigrizia del personaggio e fornisce quanto può di valutazioni utili come indizi o suggerimenti per successive ricerche. Di conseguenza, il libro vale come interpretazione soggettiva di fasi e iniziative che hanno avuto in Forlani un protagonista. I due curatori non contrastano mai l'arrotondata sintassi delle riflessioni: sicché ci si trova di fronte a pagine dettate in prima persona. Del personaggio è messa in luce la dipendenza, tipica del fanfanismo, dalla dottrina della chiesa. La sua posizione "mediana" risaltò in uno dei parti più celebri della sua tiepida fantasia: il "preambolo" del 1980, elaborazione invero modesta, tesa a motivare l'alleanza privilegiata con il Psi con la mancanza di praticabili condizioni per un governo d'intesa con il Pci. Sulle vicende di "tangentopoli", Forlani non manca di esprimere amare considerazioni: "Il giusto e ripetuto rispetto dice per l'autonomia della magistratura è stato spesso una maschera che esonerava da ogni altro dovere di analisi e di controllo, dal dovere di cercare almeno di capire quel che stava accadendo". Netto fu il suo scetticismo verso la svolta del "compromesso storico" lanciato da Berlinguer. A proposito del quale formula osservazioni non prive di una loro pertinenza: "Le analisi e le proposte erano [
] sempre all'interno di un quadro ideologico tradizionale scarsamente autocritico. Credo che con noi fosse più sincero dei suoi predecessori, ma di certo non era meno comunista di loro".
Roberto Barzanti
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