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Quando un critico gli fece notare che le servette in realtà non parlano come quelle di
recensioni di Nicola, M. L'Indice del 1999, n. 05
Anche le fanciulle parlano così solo certe sere, o forse in certi giorni chiari, quando l'aria è così cristallina da permettere solo pensieri che tagliano come lame. Perché sono fanciulle filosofe e artiste, caparbie e cerebrali, le figlie del secolo che figurano in questo ritratto di un'amicizia adolescente Rosa Chacel.
Poco nota in Italia, nonostante la bella raccolta di racconti Sobre el piélago (1951), uscita nel 1986 da Sellerio con il titolo Relazione di un architetto, e il raro racconto visionario e avanguardista Chinina Migone, scritto alla fine degli anni venti e pubblicato nel 1987 da Empiria, Rosa Chacel è stata una delle più vigorose, autentiche e feconde figure intellettuali della Spagna di questo secolo. Nata nel 1898, nell'anno appena trascorso si sarebbe celebrato il suo centesimo compleanno, se non fosse scomparsa a 96 anni nel 1994. Prematuramente scomparsa, verrebbe da dire, per la lucidità, la strenua attività, l'energia vitale che non hanno mai abbandonato questa donna intelligentissima, contemporanea e testimone di tutto e di tutti.
Barrio de Maravillas, uscito a metà degli anni settanta, si presenta indubbiamente come un libro difficile, enigmatico e sfuggen-
te, perché si porta dietro tutta la riflessione sul romanzo e sull'arte del Novecento. Da Proust al Nouveau Roman, passando da Nathalie Sarraute. Le coordinate spazio-temporali si scardinano, il tempo è tutto interiore, il punto di vista veleggia da un personaggio all'altro, il procedere narrativo avviene per giustapposizioni di dialoghi puri e parti descrittive, gli avvenimenti sono sempre fuori scena, ma, soprattutto, ciò che con più prepotenza emerge o si sente in agguato in ogni pagina è il non detto, che scava vertiginosamente sotto ogni comunicazione, dando una risonanza rara alle voci dei personaggi, quasi tutti femminili.
Già, perché questo, ambientato a Madrid fra il 1910 e il 1914, è un romanzo di donne e ragazze, che mette in scena una formazione, intellettuale e sentimentale, tutta giocata attraverso la mente, la volontà, la forza, la passione fatta energia creatrice, tutte facoltà negate dalla tradizionale educazione delle signorine. C'è qualcosa di straziante nell'interiorità disincarnata di queste fanciulle che, fra il 1910 e il 1914, sminuzzano con accanimento ogni atto, ogni pensiero, ogni parola, cercando di farli risplendere alla luce della ratio, ripuliti da ogni pregiudizio e convenzione, dal "si dice" insomma, per farne un gradino in più da cui accedere a una nuova e più libera visione del mondo. La tragica scommessa di rimanere donne dimenticandosi come tali che sempre insidia il cammino verso l'emancipazione.
(M.N.)
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