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E’ un libro che precede l’orrore della seconda guerra mondiale. Ci troviamo a Trieste, principale porto dell’impero austro-ungarico. Città che fino ad allora era stata integrata nel Regno d’Italia, convivendo con diverse culture, la vede protagonista malcapitata su ciò che sarebbe avvenuto da lì a poco nella pulizia etnica dettata dal fascismo: tutto ciò che era sloveno, lingua, cultura, ed edifici, dovevano sparire. Qui vive Ema, una giovane slovena originaria del Carso, si aggira per la città piena di rabbia per la sua storia famigliare dolorosa e per tutte le difficoltà che incontra nel cercare un lavoro in una città che invece di portarla al riscatto, trova i muri alzati della discriminazione, e che per vivere doveva rinnegare le sue origini. Sarà l’incontro con Danilo sul molo Audace ad accendere un po’ di luce. E in quest’incontro che sfocerà nell'amore che Ema, entrando nella resistenza con Danilo, riuscirà a riscattare se stessa e il popolo sloveno. Questo libro è un romanzo d’amore, di tenacia e lotta per la vita di popoli definiti minoranza, ma che hanno reso unico il Bel Paese. Un romanzo descrittivo sui luoghi narrati ed è questo che mi è piaciuto di più, perché amo molto questa parte dell’Italia e rileggendo mi ha riportato alla memoria visiva tanti eventi vissuti in passato in questa, che io definisco, la più bella città d’Italia.
Ho conosciuto l'anno scorso Boris Pahor: è venuto a un dibattito proprio su questo libro a Verona e ci ha intrattenuto per quasi due ore. Nonostante i 96 anni compiuti, è stato di una lucentezza e brillantezza unica. L'ho seguito poi nei mesi scorsi nella diatriba che l'ha opposto al sindaco di Trieste per un premio che alla fine ha rifiutato. E come dargli torto? Dopo quello che ha subito (vedi Necropoli) non si può pensare di piegarlo ancora. Questo romanzo anticipa invece i tempi di Necropoli: siamo a Trieste dal '39 al '40 nella comunità semiclandestina slovena. E conosciamo la storia di Ema, questa ragazza sola al mondo, che si innamora ricambiata di Danilo. Intorno a loro una serie di figure di contorno.
Una scrittura inutilmente barocca, involuta, descrittiva fino all'esasperazione. Ho grande rispetto per l'uomo Pahor e per la sua storia, ma i suoi libri non riesco proprio a farmeli piacere..
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