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recensioni di Siani, C. L'Indice del 1999, n. 11
Sono racconti giovanili che l’autrice si è decisa a dare alle stampe per tre ragioni, dichiarate nella nota firmata sul risvolto di copertina. In primo luogo smontare il mito dell’efficienza nazista durante l’ultimo conflitto, anzi denunciare l’assoluta inettitudine del regime non nei campi di sterminio ma "in mezzo alla popolazione civile, nella falciatura dei bombardamenti americani su tutte le città e sulle fabbriche anche periferiche, coi tedeschi atterriti che avevano fame, coi milioni di stranieri sbattuti da una fabbrica bombardata all’altra, braccianti nelle fattorie, camerieri negli alberghi, persone che viaggiavano sempre più spesso con documenti falsi" (il che è anche un valido sommario di temi e motivi qui trattati). In secondo luogo, scuotere l’attuale processo di assuefazione, e forse di rimozione, del telespettatore che a cena vede in tv "processioni di scheletri affamati del Sudan e di altri paesi africani, a seguito di guerre cosiddette locali per le quali le armi (fornite da ditte delle umanitarie nazioni soprasviluppate) non mancano mai". Infine, riaffermare un punto di fede dell’autrice, così espresso: "nel fondo più profondo della miseria e della mancanza d’avvenire, ogni essere è completo all’interno della propria esistenza"; donde il diritto al rispetto da parte di "coloro che sono privi di tutto".
In un’altra sua nota, conclusiva, l’autrice precisa di aver apportato ai racconti solo ritocchi minimi, per "non intaccare lo stile e la mentalità che avevo quando li ho composti". Ambedue i tratti sono riconoscibili. Chi ha letto il principale romanzo di Luce d’Eramo, Deviazione, ne riconosce qui il timbro e la tempra. La generosità e l’irruenza di temperamento, il senso dei valori e del giusto, la ribellione alle convenzioni sociali, il coraggio di affrontare le esperienze sono le stesse che animano le protagoniste, tutte donne, tutte giovani, di questi racconti. L’ispirazione autobiografica è o esplicitamente dichiarata o comunque riconoscibile.
Lo stile, d’altra parte, fin dalle primissime prove del 1943-45, era incanalato verso un’asciuttezza poco incline all’ornamento e allo stato d’animo lirico, ma piuttosto tendente al fatto e alla serialità dei gesti – l’urgenza di dire storie di vita vissuta, il dato neorealistico. Ed è stile già fatto, incalzante, perfino avvincente, nei racconti ultimi del volume e anche in ordine di tempo – Il convoglio dei lituani e Dietro il colle della b.m.w. –, che traspongono le esperienze dell’autrice da evasa nella Germania nazista nel 1944, e anticipano ampiamente Deviazione, che è del 1979. Luce d’Eramo, trentenne quando li compose, era già scrittrice compiuta.
Ma a quarant’anni e oltre dalla stagione neorealistica, può darsi che il lettore si interroghi sul senso di questa proposta narrativa. Dobbiamo ricordare che ci troviamo di fronte a una scrittrice insofferente di sola scrittura. Il messaggio è rivolto alle generazioni nuove, che non sanno e crescono all’insegna di un grossolano edonismo, e a generazioni che dovrebbero ricordare, ma hanno rimosso per assuefazione o convenienza. Ognuno giudichi quanto sia opportuno un richiamo, un promemoria o anche un severo monito, proveniente da questi racconti quasi di guerra usciti proprio mentre avevamo una guerra alle porte di casa.
Cosma Siani
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