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ma ha senso continuare oltre pag 150 perchè scriverne 300 quando la metà già stanca? ha qualche spunto carino ma è una lunga tiritera di una donna che non sa dove sbattere la testa perchè troppi di uomini ne ha e nessuno che lei voglia davvero. abbastanza inutile
Seguendo ingenuamente il parere positivo di un critico letterario su una rivista femminile nemmeno troppo frivola, ho acquistato questo libro da portare con me in vacanza: non credo di aver mai letto nulla di più inutile presuntuoso stagnante e noioso. La protagonista, pur nel pieno dell'età matura, è in preda a paranoie e turbamenti da romanzo rosa scadente, nemmeno degni di un'adolescente problematica. C'è anche la vana pretesa di scandalizzare il povero lettore, che riceve la grazia e l'illuminazione di venir messo al corrente di vicende private banali. Come può un editore pubblicare un polpettone di questo genere?
Delirante. Esasperato. Vaneggiante. Aldilà dell’esperienza traumatica dell’incesto, tutto il romanzo è un continuo succedersi di avvenimenti raccontati a caso, senza criterio. Autobiografico fino quasi a sfiorare la spudoratezza nel descrivere circostanze che hanno reso questo scritto, ancora più inopportuno. Sembra il diario di una disturbata mentale, una borderline, che nonostante la sua miserabile realtà, anche se “stimata” scrittrici, è certa di essere superiore alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Una capacità narrativa assolutamente scarsa. Priva di quel tocco descrittivo – peculiare per un vero scrittore - che porta il lettore ad addentrarsi nella storia. Oltre ad essere ben disposti alla lettura di un romanzo così penoso, occorre avere molta fantasia per cercare di immaginare persone e contesti. Piuttosto deludente.
Recensioni
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Da diversi anni Christine Angot, discusso "caso letterario" francese, attinge senza ritegno agli aspetti più intimi e imbarazzanti della propria vita per costruire un'opera che si inscrive, nei termini di Serge Doubrovsky, nel sottogenere dell'auto-fiction. Rendez-vous non costituisce dunque un testo a sé stante nella sua produzione, ma è il risultato di un'operazione letteraria forse fin troppo collaudata.
Oggetto dell'opera letteraria è, in questo come in altri romanzi dell'autrice (L'inceste per esempio), l'intrecciarsi della vita sessuale e affettiva con la scrittura. Christine, famosa scrittrice quarantacinquenne, racconta, in un continuo andirivieni nel tempo, i suoi rapporti con gli uomini, condizionati dalla relazione incestuosa con il padre, conosciuto in maniera traumatica soltanto durante l'adolescenza. Il confronto con la figura paterna, per cui la donna continua a provare un misto di repulsione e ammirazione, la spinge ad accettare per un certo tempo le avance di un borghese di sessant'anni, tanto meschino quanto intelligente, alle cui perversioni Christine si piega senza mai opporre resistenza. La donna riuscirà a staccarsi definitivamente da lui solo dopo l'incontro con Eric, celebre attore di teatro e misterioso ammiratore, che per cinque anni le fa pervenire messaggi di stima tramite alcune amiche prima di risolversi a conoscerla. Questi si insinua pericolosamente nella vita della protagonista, che perde del tutto la testa per un uomo di cui si fida istintivamente. Felice di aver incontrato qualcuno per cui nutre una grande ammirazione e con cui condivide un identico amore per la scrittura (capace, per entrambi, di "riempire la vita"), Christine si abbandona a un rapporto più immaginario che reale fraintendendo i gesti e le parole di Eric e pretendendo troppo da un uomo invaghito probabilmente più dell'opera che della sua autrice. Su sua espressa richiesta, la narratrice mette pubblicamente a nudo i propri sentimenti trascrivendo la loro relazione nei più intimi dettagli e mettendo da parte il proprio orgoglio, in un tentativo di far convergere arte e vita che è lecito leggere al contempo come dichiarazione poetica e come riflessione metanarrativa. L'opera delle due scrittrici (quella fittizia e quella reale) va dunque letta come spiega alla figlia la Christine personaggio come il tentativo di tradurre la vita in una forma garante di eternità. D'altra parte, alla scrittura è qui attribuita una funzione performativa, ossia la facoltà di agire, dunque di avere un effetto sul reale.
Nonostante l'evidente fiducia nel potere della parola scritta mostrata dall'autrice, la visione della vita e dell'amore che emerge dal romanzo è piuttosto tetra. E, sorprendentemente, la figura meglio rappresentata non è quella dello sfuggente Eric, bensì quella del perverso sessantenne dagli occhi azzurri che ammalia insieme alla scrittrice il lettore. Quanto alle componenti metaletteraria e autobiografica, che restano degne di interesse benché siano state ampiamente esplorate nel corso del Novecento, non sembrano qui dare risultati sorprendenti. Il tono è più quello del gossip gridato ai quattro venti, non senza autocompiacimento, che della confessione bisbigliata nel journal intime.
Luigia Pattano
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