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Forse la cosa meno azzeccata di questo libretto è il titolo perché potrebbe far intendere una sorta di ironia/autoironia di chi lo ha vissuto oppure una sorta di spirito dissacratorio. Quello che ne emerge è soprattutto la gioia di allora e non certo il rimpianto, ma quel po' di felicità che ci è rimasta dentro. Un libro di ricordi, certo, ma soprattutto di stimoli alla riflessione per chi lo ha vissuto e per chi ne ha solo sentito parlare. Un libro plurale con esperienze diverse, perché diverse, molto diverse, le provenienze e altrettanto differenti i contesti in cui quella "gioia" si è manifestata. Perché come precisa Guido Viale: "Nella veste di testimone, la prima cosa che mi viene da dire è che noi non abbiamo fatto il '68, ma che ci è capitato addosso; nessuno di noi, cioè, pensava di fare non dico il '68, ma neanche qualcosa che gli somigliasse. ... quello che è accaduto non è stato il frutto di un progetto. ...ci è capitato; alcuni di noi hanno scelto di starci dentro sino in fondo, altri più marginalmente ...". Riflessioni e racconti diversi da diverse realtà: Nanni Balestrini da Praga, Ginevra Bompiani da Parigi, Luciana Castellina che, radiata dal PCI, incontra il '68 "in un garage vicino a Montesacro" dove si riuniva il Collettivo di Medicina; ed ancora Luisa Muraro, da poco docente alla Cattolica di Milano, Giovanna Pajetta in viaggio in Russia (pardon in Unione Sovietica) col papà Giancarlo mentre i carri armati invadono Praga, Lidia Ravera che camminando in gruppo a quattro zampe nel salotto bene di Torino protesta contro l'arresto di Viale, Luigi Serafini da Roma col suo '68 lungo quale globe trotter, Alaine Touraine da Nanterre, ed in fine un bel dialogo fra Marino Sinibaldi e Guido Viale che ci danno qualche strumento per ritrovare un filo comune. Un libretto di piccole dimensioni e non molte pagine estremamente ricco. Trovato nei remainders lo consiglio vivamente.
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