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A dieci anni dalla prematura scomparsa di Roberto Bolaño, il terzo numero della rivista “Pagine Inattuali”, di cui questo testo raccoglie gli articoli, propone una riflessione su un autore che, da vent’anni a questa parte, si è progressivamente trasformato in un punto di riferimento per le nuove generazioni di intellettuali ispanici e non. In particolare, dissociandosi dallo sterile coro di omaggi e celebrazioni dedicato negli ultimi tempi allo scrittore cileno, le analisi presenti in questo libro approfondiscono le modalità con cui è nato, e successivamente si è sviluppato, il fenomeno letterario Bolaño: un fenomeno a partire dal quale è stato creato, nel bene o nel male, una sorta di nuova icona pop. Per tale ragione, gli studiosi che hanno aderito a questo progetto, da Patricia Espinosa H. (intervistata da Alessio Mirarchi e Andrea Pezzè) a Sarah Pollack, da Chiara Bolognese a Fátima Nogueira, da José Martínez Rubio ad Antonio Coiro, senza dimenticare Sebastián Figueroa e Eugenio Santangelo, hanno provato ad andare oltre la “leggenda Bolaño”, chiedendosi se nelle sue opere ci sia un “ahí había algo” (“lì c’era qualcosa”), ossia quei tratti di innovazione, originalità, nel contenuto o nello stile, o, al contrario, se la gran parte dei lettori, scegliendolo, siano stati solo condizionati dal “mercato” e delle mode che esso impone. Insomma, il padre di romanzi del calibro di “2666” o di “Detective selvaggi” deve essere considerato un fenomeno collettivo o (anche? innanzitutto?) individuale?
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