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La saggezza velata. Il femminile nella Torà - Yarona Pinhas - copertina
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Descrizione


Nell'ambito dell'esegesi biblica, la voce femminile è stata finora una pausa. Le donne iniziano a entrare nel mondo dello studio sistematico delle Scritture, che non è più precluso loro come in passato. Si tratta di una rivoluzione "da dentro". Già da alcuni anni sono nate, in Israele, scuole per esperte di legge halakhica con il compito di collaborare con i giudici dei tribunali rabbinici per evitare ogni possibilità che le donne vengano penalizzate dalle sentenze; vi sono, inoltre, le midrashot, scuole di esegesi che hanno portato all'uguaglianza intellettuale con i commentatori biblici di sesso maschile. Il volume riporta la rielaborazione scritta di un ciclo di conferenze che Yarona Pinhas ha tenuto a Roma nel 2000.
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Dettagli

2004
26 febbraio 2004
133 p., Brossura
9788880571889

Voce della critica

L'autrice, nata in Eritrea, è vissuta in Israele, dove ha studiato storia dell'arte e linguistica all'Università ebraica di Gerusalemme, e ha poi insegnato a Napoli e al Centro Pitigliani di Roma. Attualmente guida seminari di autosviluppo personale e corsi di Cabbalà, assecondando il risveglio dell'interesse, in ambienti non ebraici, per questa tradizione esoterica: esempio ne sia la rockstar Madonna, "convertitasi" all'ebraismo. La cantante ha infatti assunto il nome biblico di Esther ed esibisce al polso il braccialetto color porpora donatole dal suo maestro di Cabbalà, della quale, specie negli ambienti americani, viene data un'interpretazione fortemente secolarizzata.
In questo libro il punto di partenza di Pinhas è che, a fronte della scarsità delle tracce lasciate dalle figure femminili menzionate nel testo biblico, bisogna ricorrere a una chiave interpretativa nuova, che tenga conto del fatto che, mentre ciò che è riferito alle figure maschili rientra nella categoria dello s-velato, ciò che è riferito alle figure femminili è velato, non detto. Un cardine imprescindibile dell'analisi della narrazione biblica viene a essere così la complementarità maschile-femminile. Se lo "svelato" corrisponde al conscio, il "velato" corrisponde all'inconscio, "unico luogo in cui le donne, vissute nel silenzio, si sono potute esprimere, ieri come oggi". Dunque, all'approccio "di genere", l'autrice affianca una prospettiva psicoanalitica.
Il libro si articola in sette capitoli: nel primo, Lo scopo della creazione e l'albero della vita , l'autrice mette in evidenza come tra il serpente ed Eva (che in aramaico vuol dire "serpente") si instauri un rapporto privilegiato, determinato dal fatto che la donna ha in sé il bagaglio di sapienza occultata di cui il serpente è portatore e simbolo, e dunque ne è l'unica interlocutrice.
Il secondo capitolo, L'essere umano: un archetipo ideale , si sofferma sulle due figure di Lilit ed Eva. Se Lilit rappresenta la conoscenza naturale della donna selvaggia, l'utero che accoglie il seme ma non si fa carico del frutto, Eva è la conoscenza mentale, chiamata a curare il germoglio per farlo diventare pianta. Lilit è una femminista ante litteram , che si ribella all'uomo in quanto cosciente della sua origine, divina come quella di Adamo, creata non dalla sua costola come Eva, ma come lui fatta di terra. Secondo Pinhas, il rifiuto della maternità da parte di Lilit ne ha determinato la demonizzazione, infatti nella Bibbia essa è un demone, è la moglie di Samael, l'angelo della morte, ed è il rovesciamento dialettico della Shekinà . Assai interessante è il terzo capitolo, dedicato alla berakhà "Benedetto il Signore che non mi ha fatto donna" (con la sua recitazione si apre il bellissimo film di Amos Gitai, Kadosh ): secondo l'autrice, il ringraziamento ha una valenza halakhica , è cioè una legge religiosa che non implica disprezzo nei confronti della donna. Inoltre la versione ebraica deriverebbe da un detto greco citato da Platone (ma non si specifica in quale passo), del quale del resto è evidente la misoginia. Il quarto capitolo, Mishnà, Talmud e donna , è un'esplorazione del ruolo della donna e della sua considerazione in questi testi fondamentali nell'ebraismo, mentre il quinto capitolo è un'esplorazione del lato oscuro di Eva. Il sesto capitolo è dedicato alla sorella di Mosé, Miriam, mentre il settimo è una breve disamina di figure femminili più di altre relegate ai margini della società e del pensiero, come le vedove, cioè le donne del silenzio, che infatti nella Bibbia non parlano mai.
Il volume, che esprime tendenze molto attuali, è senz'altro interessante, scritto com'è in una prospettiva che non è tanto quella della storia di genere o della teologia femminista, quanto quella di una studiosa che in una visione laica mette in evidenza la capacità della donna ebrea di preservare le antiche consuetudini, di essere parte di quella voce velata con cui si s-vela la potenza divina.

Rosa Maria Parrinello

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