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A pochi giorni dalla nomina di ministro della Salute, Francesco Storace (è la prima volta che un esponente di Alleanza nazionale guida la sanità italiana) dichiara che intende valutare l'opportunità di fornire gratuitamente la terapia Di Bella ai pazienti affetti da tumore. Sono trascorsi sei anni da quando l'allora ministro della Sanità Rosy Bindi intraprese una battaglia impopolare, basata sul rigore scientifico più che sull'opportunità politica, per arginare un delirio collettivo, sollevato dai pazienti che richiedevano al sistema sanitario nazionale la gratuità della somatostatina (uno degli ingredienti della cosiddetta "multiterapia" Di Bella). La vicenda, di cui si impadronirono per mesi, in modo del tutto acritico, i giornali e vari talkshow televisivi, era stata alimentata da "impropri e deformanti" interventi di politici dell'estrema destra e di alcuni magistrati; i primi volevano cavalcare un movimento di protesta contro il governo e i secondi stabilire l'efficacia di una terapia con l'imposizione di legge invece che con la dimostrazione scientifica. La vicenda, vissuta in prima persona con determinazione, rigore e coraggio, viene ampiamente ricostruita in uno dei capitoli del libro, nel quale Rosy Bindi ripercorre in modo appassionato, convinto, battagliero, schierato e polemico (in linea con lo spirito schietto dell'autrice) gli anni che l'hanno vista alla guida della sanità pubblica.
Una coerente analisi dei meriti e dei difetti del sistema sanitario nazionale che, pur nei suoi acciacchi e inefficienze, è un bene prezioso per l'Italia, perché basato su principi di universalità, equità e solidarietà, perché non si occupa solo di ospedali e di medicine, ma prende in carico la salute della gente, perché investe risorse per migliorare la qualità della vita di milioni di persone, perché dispone di un patrimonio di cultura e di operatori di primo livello da non disperdere e svendere al privato: "Sono convinta che schierarsi a favore del Sistema sanitario nazionale sia il modo più serio e onesto per migliorare le cose". Una rilettura dei passaggi chiave che hanno caratterizzato il mondo sanitario, dalla riforma del 1978, che per la prima volta ha sancito e fornito gli strumenti per garantire il diritto alla salute e il principio di giustizia sociale, al decreto legislativo del 1992 (allora era ministro Francesco De Lorenzo) che, nell'ottica di un forzato risparmio, invece di incidere sulle inefficienze e le sacche di malgestione, aveva stabilito che prima si dovessero definire i finanziamenti e sulla base di questi gli interventi: "Un diritto costituzionalmente garantito si trasformava in un diritto finanziariamente condizionato".
Su queste premesse e per ricuperare la centralità del sistema pubblico, Rosy Bindi si incamminò risoluta nel difficile percorso di varare una riforma (la terza) che ridesse dignità agli operatori, immettesse efficienza produttiva al servizio del risultato, rafforzasse l'autonomia delle regioni attraverso una programmazione in grado di definire esigenze e priorità, utilizzasse il sistema dell'accreditamento delle strutture pubbliche e private per garantire i livelli necessari all'erogazione di prestazioni sanitarie, istituisse i distretti come strumento di integrazione di attività sanitarie e sociali, imponesse ai medici ospedalieri (da allora in poi chiamati dirigenti) di lavorare in modo esclusivo per il sistema sanitario nazionale e di tenersi aggiornati attraverso appositi programmi formativi. Il progetto venne interrotto dalla crisi del governo D'Alema; il successivo governo Amato, che traghettò il centrosinistra verso la sconfitta elettorale dell'anno successivo, si sbarazzò di due ministri che avevano cercato di dare un segno di cambiamento: Rosy Bindi sostituita da Umberto Veronesi e Luigi Berlinguer da Tullio De Mauro.
Il progetto di riforma, nonostante gli sforzi di Bindi per creare consensi, non venne metabolizzato e assimilato dalla sinistra ma lasciato incompiuto al suo destino: una riforma che avrebbe dovuto diventare un patrimonio culturale del mondo sanitario è rimasta per molti come il frutto dell'impegno di una donna determinata e consapevole. Oltre tutto, il dibattito su quel disegno strategico è stato ridotto quasi esclusivamente alla questione dell'esclusività del rapporto dei medici con il servizio pubblico: argomento cruciale e qualificante, ma delicatissimo perché tocca il portafoglio di persone influenti. Tra il legiferare e il realizzare c'è di mezzo il mare: non tutte le speranze e i progetti di Bindi si sarebbero trasformati in una sanità più efficace ed efficiente, ma ci sarebbe stata la possibilità di correggere la rotta in corso d'opera. Il libro documenta quest'epoca di passione e impegno, sul versante politico e sociale e, come dice Romano Prodi nella prefazione, "fotografa il lavoro fatto dal centro sinistra per innovare il nostro sistema sanitario".
Dall'uscita del libro è caduto il secondo governo Berlusconi e il ministro della Salute Girolamo Sirchia ha subito lo stesso trattamento di Bindi: venir sostituto per equilibri politici all'interno della maggioranza. A Rosy Bindi la consolazione di essere il ministro dalla Sanità che è stato più a lungo in carica.
Marco Bobbio
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