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La vita domestica di Horace Lamb: insensibile, spilorcio, tiranno, è l'unico a ignorare la passione segreta tra sua moglie e il cugino. Patrimoni e matrimoni, tradimenti e crudeltà quotidiane: il meglio di Ivy Compton-Burnett in un romanzo che lei stessa considerava il suo preferito, insieme a Il capofamiglia.
«Ivy Compton-Burnett è l'amore della mia vita. Se non riesco a scrivere, bastano un paio d'ore con Ivy e mi rimetto in pista... non c'è nessuna come lei» – Hilary Mantel
«Trascorsi molte notti felici leggendo i romanzi di Ivy Compton-Burnett. Era impossibile non accorgersi che aveva qualcosa di unico» – Rebecca West
«Cercai tutti i suoi romanzi... a un tratto capii che li amavo in modo furioso; che ne avevo gioia e consolazione; vi regnava una chiarezza allucinante, nuda e inesorabile» – Natalia Ginzburg
«Ivy Compton-Burnett, una Jane Austen novecentesca, impietosa e senza illusioni» – Paolo Bertinetti, TTL - La Stampa
Horace Lamb è un nobile tirannico che maltratta la servitù e i quattro figli (non la consorte: fra i due è lei quella ricca). Insieme a loro vive il cugino Mortimer – uomo invece molto pacifico che non si è mai sposato -, nullatenente e segretamente innamorato di Charlotte, che altrettanto segretamente lo ricambia. Quando la donna parte per un lungo viaggio in America l'equilibrio della casa traballa: il nuovo precettore dei bambini, Gideon, la sua invadente madre Gertrude e la remissiva sorella Magdalen entrano nelle dinamiche familiari e mescolano le carte in tavola...
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un tuffo in Inghilterra. Una famiglia borghese. Un romanzo inaspettato a sorpresa, diverso per stile e contenuto che spezza magnificamente il lettore dalle Opere contemporanee. Intrighi sottili. Un'Opera magnificamente diabolica.
Divertente questo romanzo che sembra una piece teatrale,con dialoghi serrati e un susseguirsi di battute argute,ricco di humour.
La scrittura della Burnett è stata una piacevole scoperta. È ironica, pungente, fresca. Ma è quasi del tutto composta da dialoghi. Il che è sicuramente fondamentale per comprendere le relazioni tra i vari personaggi, ma che mette in secondo piano l’ambientazione, il contesto storico, le descrizioni. Ci troviamo in Inghilterra (presumo) e siamo verso la fine dell’800, ma più di questo non si sa molto. Perché il romanzo gira quasi e totalmente intorno alla casa e alla famiglia. Da quello che ho capito, è un must dei libri della Burnett, che si concentra quasi totalmente su dinamiche dinastiche e famigliari. È un romanzo serrato, spietato, divertente, molto ironico. Ma le descrizioni sono ridotte all’osso, non vi è uno scavo nell’introspezione dei personaggi, e la loro caratterizzazione è data da ciò che dicono. Mi ha dato l’impressione di trovarmi a teatro, più precisamente nella commedia greca o latina. Ho sentito proprio il richiamo delle dinamiche del servo all’interno della commedia, la sua centralità, il modo in cui alla fine dei conti gioca sulla trama. E la visione che ci da la Burnett è cinica nel suo sarcasmo. Non se ne salva nessuno, nemmeno il personaggio che tenta il più possibile di spacciarsi per moralmente corretto. Questo libro, nonostante gli aspetti positivi che non ho potuto far altro che elencare, mi è sembrato a tratti parecchio lento. Nonostante l’abbondanza di dialoghi, e la povertà di descrizioni, non è stato incalzante come mi aspettavo. La relazione annunciata nella trama tra il cugino Mortimer e la moglie di Horace, Charlotte, sembra sempre passare in secondo piano. Tutti ne sanno, tranne Horace, ma il confronto tra le due parti interessate non è mai presente. Aggiungo, che ai bambini (i cinque figli tra i 7 e 11 anni) vengono ogni tanto messe in bocca frasi o parole che non si addicono per niente alla loro età fanciullesca. Ottima la traduzione
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