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scheda di Fo, A. L'Indice del 1999, n. 12
Dopo alcuni anni dedicati soprattutto a una militanza di natura critica - che hanno visto fra l'altro la pubblicazione del volume Per la poesia / Manifesto del Pensiero Emotivo (Editori Riuniti, 1993) e l'avvio di un annuale appuntamento, presso Castelvecchi, con un bilancio della produzione poetica in Italia - Giorgio Manacorda (1941) torna a proporre una raccolta di poesie. La quinta, per la precisione, dopo Iconografia (Lacaita, 1974), Tracce (Guanda, 1977), L'esecutore (Guanda - Società di poesia, 1981), Comunista crepuscolare (Daga, 1989). Questo Soldato segreto - titolo che deriva da una "novelletta" dal sapore di Lied mahleriano - raccoglie liriche scritte fra il 1981 e il 1995, che, prediligendo la misura breve, orbitano per lo più nell'area dell'autobiografia, e spaziano dalle crisi allergiche (strano tema che di recente abbiamo visto trattato anche da Nicola Gardini nei Nuovi poeti italiani 4 di Einaudi) a quelle sentimentali. A un tempo più lontano (1972) risale la sezione Il mio cinque maggio, che ricorda un amico, Alberto Scandone, morto in un incidente aereo a Punta Raisi, e ne ritrae la figura, dilatandone la rifrazione sul "prima" delle consuetudini quotidiane e sul "dopo" dei sogni. Sogni e incubi, sia detto per inciso, sono invarianti che paiono dominare, come la raccolta, così la residua vita del soggetto lirico dell'opera. Le ventidue poesie di questa sezione costituiscono un piccolo capolavoro, che trasfigura, con tenuta alta e costante, le venature e le occasioni del profondo rapporto perduto: di fronte a cui nemmeno l'amore, nell'altra "sopravvissuta" esistenza, sembra raggiungere esiti comparabili - amore per lo più non serenante, conflittuale, occasionalmente "raggelato" in costernanti acutezze di congedo quali "preferisco non vedere non visto / che vedere te che non mi vedi". Come se il vertice delle esperienze affettive umane fosse stato toccato allora, con quell'incontro eccezionale e stroncato, e quasi non più raggiunto; se non con L'amore infantile (vi s'intitola la sezione di chiusa), venato di altre componenti, come la protezione, il gioco, la (però sostenuta) preoccupazione per ciò che avverrà dopo: cioè - nell'ultimo degli incubi qui archiviati - dopo il corpo-straccio che scende per le onde verso i predatori, spese le ultime forze vitali per sospingere la figlia verso il sole.
(A.F.)
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