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Continuano le avventure della detective Camilla, questa volta i suoi alti e bassi diventano sempre più complessi e la sua interiorità subisce parecchi scossoni anche per colpa del caso che sta seguendo. Come tipico purtroppo dell'autrice, gli elementi accessori che tendono di far immedesimare il lettore, tendono ad allontanarlo anziché integrarlo, ma l'intrigo è valido e la crescita della protagonista, sebbene lenta, è visibile e molto apprezzata, come anche la crescita dell'autrice stessa.
Lo consiglio a tutti. La scrittura è brillante quanto la trama. Zenarola riesce a rendere affascinante l'addormentata vita di provincia. I poliziotti esibiscono un'accidia parastatale (tranne Camilla), le case di investigatori e investigati appaiono mediamente squallide, le loro esistenze sono immerse in solitudine, noia e mancanza di prospettive. Però il ritmo del racconto trasforma tutto, e tutto diventa seducente. Certe similitudini sono folgoranti: "cincischiava come un pipistrello appeso al soffitto", "si era truccata per nascondere il pallore da luna islandese", "un caffè macchiato che sapeva di armadio per le scarpe", "svolgere una qualsiasi attività con lei equivaleva, sul piano bio energetico, a nuotare in una vasca piena di sonnifero". Come Maigret, la commissaria ha complicazioni private: un tumore, un amore ineffabile, un carattere pestifero. Straccia un biglietto aereo per Dublino prepagato dal suo quasi fidanzato; cosicché lui per vederla solo poche deve volare dall'Irlanda a Venezia, e poi portarla in gita fino all'isola croata di Krk (Veglia in italiano, unica scivolata del libro). L'amante arricchito della vittima è il sospettato numero uno. Ma, come con Simenon, ci fidiamo dell'autrice e ci affidiamo completamente ai suoi ironici colpi di scena. Siamo soddisfatti già dal viaggio ancor prima dell'arrivo alla meta. Altre perle: il collega commissario che "conduce gli interrogatori senza alcun nesso causale fra le domande, anche se prese singolarmente possono sembrare azzeccate", "la signora Alice, a giudicare dall'addome e da un prolasso imminente del collo e del mento, si scolava minimo due whisky tra la colazione e il pranzo", "l'odio può essere un collante indistruttibile, il disprezzo no", "il suo cervello produceva pensieri corti, destrutturati". Così il grigio Friuli diventa magico, e le puntate a Grado o Trieste sembrano viaggi esotici. Ci innamoriamo dell'antipatica commissaria Valdimares, e della sua autrice. Film subito. O almeno fiction.
Il solito niente, è il nuovo a dir poco avvincente romanzo di Alessandra Zenarola, complice ancora una volta il lungimirante Solfanelli, e conferma la presenza nel “cast” di alcuni dei protagonisti di quello di tre anni prima, Bassa marea. Protagonista l’ispettrice Valdimares, considerata una bella gnocca, senza mezzi termini, dal pragmatico Adamberti e dei piantoni all’ingresso della stazione di polizia, la ritroviamo in cura per il già noto tumore che ne scalfisce l’armonia fisica ma non lo spirto guerrier che entro le rugge. In Bassa marea, che è da recuperare per chi non lo abbia letto, si era ritrovata alle prese con un’indagine sul presunto suicidio di una giovane colombiana: una donna che di punto in bianco compie un volo dalla finestra, lasciando sola al mondo una piccolina di tre anni. In questa nuova impresa di Camilla ci ritroviamo di nuovo spettatori di una morte, sempre di una donna, giovane, di nazionalità serba in questo caso, e la storia parte da un doppio ritrovamento: quello del cadavere della donna e quello di un bambino, un maschietto stavolta. La giovane barista del Byebye bar, alla chiusura dell’assai popolare esercizio trova il piccolo, visibilmente traumatizzato e inerme, semi-nascosto nel buio. Non parla, Milos (questo scopriremo poi essere il nome del ragazzino), ed è il figlio di Maja, la donna uccisa. E’ figlio di lei e di un imprenditore, quello che chiameremmo un “notabile del luogo”, donnaiolo di provincia, sposato, come da manuale. I principali indiziati sono dunque quelli classici, una potenziale moglie gelosa, o un rivale o chi altri? Lo scopriremo solo leggendo, perché Alessandra Zenarola sparge indizi qua e là mischiando le carte, depistando, e niente sino alla rivelerà chi sia stato l'autore dell'omicidio.
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