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Il poema, dai versi immersi in acque chiaro scure ed in balia di un susseguirsi di nuvole “morbide e leggere”, “cariche di pianto” che si rincorrono veloci nel cielo della narrazione, è incentrato su un presente narrativo – già passato – che si snoda sul tema dell’addio e della struggente capacità della Perdita di contaminare ogni atomo del nostro organismo, della nostra mente, dei nostri sogni e del nostro sentire. È una perdita, quella della persona amata,che è trattata con delicatezza, tra speranze smorzate e figure che incarnano la consapevolezza dell’autore, nella presenza-assenza di un amore onnipresente, dedicato alla persona scomparsa e da questa, profondamente e ancora, corrisposto. Non il rimpianto, dunque, ma il tenero ricordo, non solo l’angoscia del presente, ma anche la passione di un amore, ormai eterno, di cui avvertiamo ancora i morsi sulla pelle e gli odori familiari che, dalla stretta di un abbraccio, arrivano fino a noi, grazie alla maestria di un poeta giovane e già tanto capace di trasmettere vibranti sensazioni. Dall’urlo disperato verso un cielo fattosi troppo cupo, ci ritroviamo al calore di un letto dalle lenzuola sgualcite, ancora tiepide, in cui i sogni degli amanti si rincorrono, ancora e per poco, veloci e gravidi di futuro. Il cuore accelera, quello del poeta ed il nostro, quando più volte al giorno torna a trovarlo il ricordo. Versi di un poema che nasce dalla reazione all’impossibilità di comprendere l’assenza e dalla volontà di mantenere, attraverso la meticolosità del verso e la sua compostezza, per sé stesso e per il lettore, una infinita conversazione con l’amato.
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