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Spinello Aretino e la pittura del Trecento in Toscana - Stefan Weppelmann - copertina
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Spinello Aretino e la pittura del Trecento in Toscana - Stefan Weppelmann - copertina

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2011
20 giugno 2011
440 p., ill. , Rilegato
9788859608776

Voce della critica

  Figlio di un orafo, Spinello di Luca, più noto, dal nome della sua città d'origine, come Spinello Aretino (c. 1346-1410), fu uno dei pittori più prolifici del Trecento. Malgrado l'interesse del personaggio, Stefan Weppelmann è stato il primo a dedicargli uno studio monografico, tratto dalla sua tesi di dottorato e pubblicato in origine in tedesco nel 2003, ora tradotto e aggiornato. Si tratta di un libro imponente e d'impianto assai tradizionale, il cui cuore è costituito dal catalogo ragionato delle novantacinque opere che l'autore assegna a Spinello Aretino, schedate in ordine cronologico. A tavole e affreschi considerati certi seguono le opere perdute, quelle respinte e copie e falsi. Alle schede è premesso un lungo saggio bipartito, che descrive dapprima la fortuna critica del pittore dal Vasari a oggi, per ripercorrerne poi, sempre seguendo il filo della cronologia, lo sviluppo stilistico, dalla formazione presso l'aretino Andrea di Nerio fino alla conclusione della carriera. Completano l'insieme un'appendice che riproduce tutti i documenti relativi al pittore e un'amplissima bibliografia. Le schede sono abbondantemente illustrate da immagini in bianco e nero di buona qualità e di grande formato, e altre foto in bianco e nero (talune un po' piccole per essere ben leggibili) punteggiano il saggio critico.
Come annuncia il titolo, l'ambizione di Weppelmann è di ricostruire il percorso artistico itinerante di Spinello, tra Arezzo, Lucca, Pisa, Firenze, Siena e i loro contadi, e insieme di analizzare i rapporti di dare e avere tra il pittore e i maestri con cui collaborò o che fiancheggiò nel suo peregrinare. L'autore insiste soprattutto sul debito di Spinello verso Taddeo Gaddi e Antonio Veneziano, sul suo impatto sul senese Giuliano di Simone e sul pisano Turino Vanni, e sulla collaborazione con i fiorentini Niccolò Gerini e Lorenzo di Niccolò. La scelta di non riprodurre quasi nessuna delle opere chiamate a confronto delle spinelliane impone di avere a disposizione una buona biblioteca (o fototeca) per seguire l'argomentazione. L'autore ha privilegiato uno sguardo ravvicinato e analitico, che assicura precisione e solidità al suo discorso, ma che, paradossalmente, non permette al ruolo storico di Spinello di emergere con chiarezza. Similmente, le tappe della carriera sono descritte, i committenti presentati, ma questi dati non sono intrecciati per illustrare una geografia artistica, che pure s'intravede in filigrana, o l'impatto dei protettori sulla parabola del pittore. Un'altra curiosità che resta insoddisfatta nel (o almeno in questo) lettore riguarda il problema della composizione, dell'organizzazione e della localizzazione della bottega (o delle botteghe?) del maestro, tanto più scottante dato che, come dice l'autore, "per quasi nessun altro pittore toscano è attestata una produzione così vasta nel XIV secolo". A queste e altre domande che possono sorgere alla lettura si potrà rispondere solo grazie a questo stesso volume. La pubblicazione di documenti inediti, di opere ignote o trascurate, di nuove ricostruzioni di complessi smembrati, l'accurato lavoro di catalogazione, costituiranno per molto tempo il punto di riferimento essenziale su una figura che, proprio per la sua mobilità e produttività, ebbe un ruolo di rilievo nella Toscana del tardo Trecento. Michele Tomasi

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