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Anno edizione: 2017
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Da quello che capisco gli americani sono così'. Molto bravi nel narrare gli eventi senza sussulti, un lungo scorrere del tempo e degli accadimenti, con qualche perla di saggezza, qualche momento di noia, tante descrizioni di ambienti cielo mare terra strade passanti, tante piccole tessere di mosaico che alla fine fanno un quadro completo, ma non memorabile. O memorabile per ognuno, a suo modo. Questa la vita, secondo Richard Ford
Questo descrittivismo "minimalista", pieno di nomi di strade, luoghi, persone, infarcito da monologhi stucchevoli e spesso infantili, non mi ha scoraggiato e sono voluto arrivare fino in fondo, per scoprire poi che questo Frank - che vuole essere l'uomo medio borghese - in effetti non è altro che Ford stesso, che ci vomita addosso tutta la sua filosofia da tasca. Qualche brano narrativo più interessante mi ha convinto a comprare "Il giorno dell'indipendenza", ancora più stucchevole, e mi sono fermato a pagina 45. Definitivamente. Forse gli americani lo capiscono meglio, con tutte quelle stronzate su Haddam e il lavoro di agente immobiliare. Infatti lo hanno premiato. Ma ciò non condiziona il mio giudizio negativo.
Il personaggio di Frankie Bascombe, protagonista di questo e di altri due romanzi di Richard Ford, si configura in parte come alter ego dell'autore, ma soprattutto è la concretizzazione di alcune ansie che potrebbero essere comuni a quelle di uno scrittore nato nel profondo Sud ma che ha studiato in Arkansas e nel Michigan e, una volta raggiunto il successo, ha deciso di vivere nella parte più chic, costosa e borghese del New England: il Maine. Lo spettro che si agita davanti agli occhi del giornalista sportivo che ha abbandonato la narrativa perché fonte di troppe incertezze viene da lui definito "anticipazione", ed è il suo incubo costante. Si tratta di quell'energia oscura che anima la pars costruens della vita di un autore, ma che può essere anche la sorgente della pars destruens: la tendenza a credere di poter governare il cambiamento della realtà per mezzo dello strumento linguistico, l'illusione di poter alterare gli eventi rendendoli conformi ai propri desideri e alle proprie velleità. Questo è il potere dello scrittore, certo, ma è proprio ciò che spaventa l'uomo, e lo spinge a rifugiarsi in una scelta kierkegaardiana sulla propria esistenza basata sulle soluzioni preconfezionate dalla società e messe a sua disposizione. Da questo punto di vista, regge solo fino ad un certo punto l'accostamento tra Ford e Carver come appartenenti a due generazioni successive del minimalismo americano: il mondo raccontato da Carver non era necessariamente motivo di angoscia esistenziale, quello di Ford viene dopo la constatazione del sopravvivere di tale mondo ad ogni cambiamento e quindi nasce dalla tendenza ad adeguarsi ad esso per quieto vivere, pagando il prezzo delle innumerevoli rinunce che ciò comporta.
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