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l' idea di fondo è ottima peccato che rimanga soltanto in superficie
Diciamolo subito, è un ottimo libro, massimo dei voti. L'autore, che accetta il punto-base del discorso severiniano quale l'eternità di ogni essente, tenta di formulare una revisione su alcuni aspetti che a suo avviso sono contraddittori, quali ad esempio il rapporto tra apparire finito ed infinito, negando a quest'ultimo quel carattere "eccedente" l'apparire finito, come avviene invece in Severino, conseguentemente negando anche la legittimità della Contraddizione C. Severino è ritenuto dall'autore, a pag. 19, "il più grande filosofo della storia", e sulla sua scorta sembra spesso ricalcarne persino la struttura argomentativa fin quasi all'identità espressiva. Non che ciò sia un difetto: però sorprende un po' una certa_ a mio avviso _ sbrigatività con la quale attribuisce a Severino quel nichilismo che egli scorge nel pensiero occidentale, una sbrigatività credo non sufficientemente argomentata, o argomentata non esaustivamente. Sembra quasi una espropriazione e riappropriazione non solo del discorso severiniano ma anche della sua stessa modalità argomentativa, come ad esempio le domande che compaiono alle pagg. 403-404, le quali riecheggiano quelle ad esempio alla fine di Destino della Necessità, espropriazione e riappropriazione sotto spoglie rivedute ma non mi pronuncio ancora su quanto "corrette". Severino direbbe che non può esserci alcuna "espropriazione" in quanto il "suo" discorso non è appunto "suo", ma è la necessità che si mostra, ma tant'è. Nonostante ciò, ripeto, il libro merita il massimo dei voti ed è scritto ad alto livello, per menti che vogliono ancora pensare con serietà ed impegno, spettando al lettore decidere se tale revisione abbia avuto successo. Da leggere decisamente...
Un libro per tutti coloro che vogliano "vivere la vita" in relazione a sé stessi, e non semplicemente al modo in cui la "cultura occidentale" va potenziandosi. Il sentiero che ognuno di noi percorre è ben più ampio di quel suo esiguo tratto costituito dalla "storia dell'uomo". L'infinito è tale percorso, nel suo insieme concreto. Proprio perché il tempo (nascita e morte) è il tempo, è impossibile un tempo in cui esso non sia il tempo: il tempo è eterno, è cosciente di sé in quanto manifesto nel suo infinito esser sé: l'infinito è eternamente sé stesso nel modo temporale che già da sempre gli compete. La relazione (identità) tra il tempo e l'infinito è la relazione tra il tempo e sé stesso in quanto dimensione a-temporale, giacché la differenza tra il tempo e l'infinito non può essere altro che la medesima differenza tra i tempi, cioè tra le parti (del Tutto, ossia dell'Infinito).
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