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Recensioni La sventura di un uomo giusto. Una rilettura del libro di Giobbe

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Una persona giusta, integra e retta viene colpita, nel pieno della felicità e senza alcuna spiegazione, da una grande sventura. Il filo rosso che attraversa il libro di Giobbe ci ricorda che la vita è molto più complessa delle nostre convinzioni meritocratiche e ci invita ad abbandonare una visione «retributiva» della fede – centrale anche nell’etica del capitalismo – portata a considerare la ricchezza e la felicità come premi per una vita fedele. In questo senso, la storia biblica è un insegnamento non solo sulla sventura del giusto, ma anche sul senso dell’esistenza umana. Giobbe, che combatte fino alla fine per dimostrare che nella sua sventura non vi è né demerito, né colpevolezza, consente di esprimere una critica radicale alla nuova cultura della povertà che l'ideologia capitalistica sta veicolando a tutti i livelli: poiché il povero è colpevole, possiamo restare indifferenti di fronte alle sue sventure. Per imparare, senza facili consolazioni, il mestiere di vivere, Giobbe è un incontro decisivo, forse necessario. I suoi amici più intimi sono Qoèlet, Leopardi, e alcune grandi pagine di Dostoevskij, Kafka, Nietzsche e Kierkegaard. Se un senso religioso è possibile, deve sapere ascoltare fino in fondo e cercare una risposta alle domande di un uomo retto sulla sua sorte avversa.)
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