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Lo sviluppo economico. Storia di un'idea
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1990
244 p.
9788815024602

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tizianogrimo
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un libro davvero interessante.si legge molto volentieri.tratta dello sviluppo economico nelle sue innumerevoli sfaccettature che ha avuto nel corso degli ultimi 100 anni.mette a confronto l'ipotesi materialistico-finanziaria dello sviluppo con l'attenzione oggi volta agli aspetti piu' sociali ed umani.si conoscono le opinioni di molti importanti economisti,di come il pensiero economico si e' evoluto ed affinato in questi decenni e dell'importanza di uno sviluppo economico autosostenuto,sociale e piu' egalitario!non ho dato il 5 perche' i nomi degli economisti sono davvero tanti e a volte si rischia di perdere il filo di analisi.ma forse questo non e' colpa di arndt,poiche' di opinioni sullo sviluppo ce ne sono state molte e forse,in questo caso, e' prevalsa la volonta' di racchiuderle tutte(saggiamente)in un prezioso libro che per gli studenti(come me)e per gli appassionati di economia diventa molto utile!bravo arndt!

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scheda di Albani, P., L'Indice 1990, n. 8

In questo libro, Heine W. Arndt, professore all'Australian National University, studioso attento in particolare ai risvolti culturali delle "growth theories", traccia, a partire dalla seconda guerra mondiale, la storia dell'idea di sviluppo in quanto obiettivo politico.
Senza la pretesa di fornire nuovi, originali contributi alla teoria economica, né di fare una storia dell'economia dello sviluppo, Arndt focalizza il suo sguardo sull'evoluzione delle idee comuni circa gli obiettivi, gli scopi delle varie strategie di sviluppo che riflettono "differenti sistemi di valori".
Ancorando l'analisi a una vasta mole di scritti accademici, discussioni pubbliche e documenti di organismi internazionali, Arndt ripercorre i passaggi salienti che portano da una concezione restrittiva dello sviluppo, smittianamente identificato con il "progresso materiale", in cui gli accenti sono più che altro posti sulla formazione di capitale fisico (si pensi al famoso rapporto capitale/ prodotto del modello Harrod-Domar) e di capitale umano, oltre che sul ruolo del commercio come possibile motore della crescita, a un approccio in cui vengono privilegiati gli aspetti sociali dello sviluppo, come l'occupazione, la giustizia distributiva, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, l'eliminazione della povertà, ecc.; in una parola, la qualità della vita.
Le idee esaminate nei primi capitoli del libro, elaborate dal gotha degli economisti dello sviluppo di cui fanno parte Myrdal, Higgins, Singer, Schumacher, Lemis, Little, Nurske, Rosenstein-Rodan, Prebish, Mynt, ecc., rappresentano ciò che Arndt chiama "il canto fermo del pensiero - in particolare, del pensiero occidentale - riguardante lo sviluppo nella sua natura di obiettivo politico per il Terzo Mondo ". Pur con diverse sfumature, quest'area di pensiero mostra in sostanza un atteggiamento favorevole allo sviluppo.
Arndt si occupa poi del contrappunto radicale sullo sviluppo, ovvero, da una parte ("la sinistra"), di coloro che ritengono, in estrema sintesi, che il modello di sviluppo capitalistico del centro, fondato sullo sfruttamento dei paesi periferici, sia un freno all'industrializzazione di questi ultimi (si vedano le analisi neo marxiste di Baran, Furtado, Sunkel, Frank, Amin, ecc.). Dall'altra parte ("la destra "), troviamo invece gli scettici, cioè alcuni amministratori delle colonie ed economisti "conservatori" che hanno avanzato dei dubbi sul fatto che il progresso materiale dell'occidente possa portare dei benefici alle popolazioni native (Furnivall, Boeke, Franbel, Viner, Bauer), ed infine gli antimodernisti, come Gandhi e l'ayatollah Khomeini, mossi da un sentimento di profonda ostilità contro la civilizzazione occidentale.
La conclusione di Arndt, mutuata dal più saggio degli economisti dello sviluppo (A.W. Lewis), è particolarmente "illuminata": lo sviluppo è realmente efficace, e quindi auspicabile, solo se allarga l'insieme delle possibilità di scelta dell'uomo e ne aumenta la libertà.

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