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Un tango rosso scandisce la vita di Giulia Vallet, sciogliendo l’apatia della sua infanzia, la “mala educación” fatta di tentativi di assuefarsi al modello imposto da una madre fredda, ligia ai canoni imposti dalla società per coprire la tristezza dell’abbandono subito dal compagno e celato al mondo attraverso una rete tossica di menzogne; da un’educazione sentimentale che si muove fra il rigore materno e la lettura di romanzetti rosa; dalla rinuncia a ogni forma di piacere; dalla ricerca di sicurezza per costruirsi un’identità solida fatta di studi, di una carriera, di un matrimonio. Finché il tango irrompe nella vita di Giulia, violento e inatteso e la trova totalmente indifesa. Il tango è la passione che ha il volto di “Banderas”, uomo bello e di successo, inaspettato e inarrivabile. La seduzione annulla ogni timida resistenza della protagonista e si fa forza della sua inesperienza, della sua fragilità, delle sue rinunce, del “non detto”. Ha il colore della passione, del sesso, della tenerezza, del lusso usati per costruire e manipolare l’altra, per possederla pienamente nel corpo, nei gesti, persino nei pensieri. Svuotare l’altra della propria storia, tagliando fuori gli affetti, le amicizie, ogni traccia di volontà e vita personale. La Maccioccu non ha bisogno di indulgere in descrizioni psicologiche dei personaggi o in considerazioni politiche e morali. Tutto affiora dalla scrittura, dalla scelta alterna dei due narratori nella prima e nella terza persona, in cui la prima racconta dal di dentro e noi la seguiamo e compatiamo facendo nostre le sue azioni, le sue sofferenze ma prendendo poi le distanze e “giudicando” grazie al passaggio al narratore in terza persona che permette il giusto estraniamento, lasciando una libertà, seppur guidata, al lettore. Estraniamento e libertà che vengono rafforzati da una scrittura sempre lucida e sapiente e dai titoli che aprono ogni capitolo esprimendo lo stereotipo da “romanzetto rosa” ma anche l’ironia e il dubbio.
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