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Il teatro d'opera italiano - Lorenzo Arruga - copertina
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Il teatro d'opera italiano - Lorenzo Arruga - copertina

Descrizione


"Girando per il mondo, un italiano sente continuamente parlare della 'sua' opera: frasi gettate a smozziconi, cantate, personaggi evocati, voglia di saperne di più. Da noi è una storia intensissima e complessa, in cui ci sono gli accaniti e gli ignari, ma nessuno è estraneo. Basta innescare un incontro, un ascolto, persine una conversazione e scattano antiche e nuove connessioni, memorie di famiglia, immagini ricorrenti e preziose. Si dice sempre che si debba insegnare l'opera nelle scuole, e è ovviamente vero. Ma io credo che si possa raccontarla anche al di fuori. La sua storia è bellissima: percorrendola, si resta emozionati per il suo fascino d'avventura, per la sua riserva di fantasia, per l'utopia che misteriosamente si realizza." (L. Arruga)
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Informazioni:

CR36G Copertina editoriale in brossura pieghevole alettata, 22 cm., volume in ottime condizioni, copertina e interno in ottimo stato, 393 pagine circa Copertina come da foto ISBN/ASIN 8807490870 . 393. . Ottimo (Fine). . . .

Dettagli

2009
9 aprile 2009
393 p., ill. , Brossura
9788807490873

Valutazioni e recensioni

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simone
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Premessa: l'ho sfogliato per pochi minuti in biblioteca, e forse il mio giudizio è troppo parziale, ma ci tengo a esprimere il mio disappunto per gli errori grossolani di cui è costellato il capitolo su Puccini e le sue Opere. Due su tutti: viene indicato come librettista di Suor Angelica e Gianni Schicchi RENATO SIMONI mentre qualsiasi appassionato d'opera sa che si tratta di G. Forzano; si parla dell'incontro tra Puccini e Schonberg avvenuto a Firenze Palazzo Pitti ( giusto ) ma lo si data al 1923 anzichè al 1924 ( pochi mesi prima della morte del Maestro ). Possono sembrare dettagli , forse, ma per un autore che si prefigge lo scopo di illustrare "IL TEATRO D'OPERA ITALIANO" l'esattezza dei dati riportati è fondamentale ( visto poi che il libro costa non poco, non lo regalano di certo). Voglio sperare che tutto il resto del libro non sia farcito di altri svarioni.

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Voce della critica

Sintetizzare le avventure del teatro d'opera italiano in meno di quattrocento pagine è impresa da sgomentare i più temerari: per quasi due secoli l'opera fu "il" genere musicali per antonomasia, e l'Italia la patria da cui esportarlo in tutto il mondo; librettisti, compositori, committenti, impresari, soggetti, caratteri vocali, e poi scenografia, smercio, impatto sociale. Come renderne conto, senza semplificare, o affogare nella mole smisurata? Lorenzo Arruga ha una tale esperienza e una tale evidente passione per l'argomento da trovare la via di mezzo, soffermandosi su molti titoli chiave, quelli che danno il polso della situazione, e abbozzando sullo sfondo il paesaggio che fa da contorno: in modo sempre preciso e avvincente come un romanzo.
Basta leggere come ci parla di un'opera pur nota come Il matrimonio segreto: riesce a fare un ritratto di Cimarosa, a riassumere la situazione del teatro musicale intorno a quegli anni, appena dopo la morte di Mozart, a parlare dei letterati impegnati sul terreno operistico; ed ecco che il Matrimonio diventa il precipitato di scelte drammaturgiche, lessicali, ovviamente musicali, svelate passo dopo passo: davvero "come in un racconto giallo". L'abilità si dimostra d'altra parte proprio in questa rara capacità di raccontare le opere: mai "trame" isolate, ma situazioni sceniche esemplari, forme elette a campione di una poetica, di un esperimento, di uno stile: mentre traccia il pensiero dei primi fiorentini, Arruga cita qua e là stralci dei vari libretti, e ci aiuta a capirne il ritmo interno, i metri, il pathos. Poi si apre il primo affondo monografico, su Monteverdi, la sua "esistenza caravaggesca" e le sue opere, accomunate da quello che per Arruga è il vero segreto di Monteverdi: l'animo teatrale, denominatore di tutti i suoi lavori, anche madrigalistici, anche strumentali, e persino movente delle profonde innovazioni che lo misero in polemica con i teorici.
"La storia della parola in Italia non si può separare da quella del canto"; fedele a questa convinzione, Arruga muove sempre da passi precisi del libretto per spiegare le ragioni della vocalità, le sue metamorfosi, i suoi colori, le sue interferenze sulla drammaturgia: ripetere un verso, inserire un silenzio assente nel testo poetico può non essere un abuso, ma un sottile espediente psicologico; la connotazione leopardiana di Amina sonnambula (quel "passasti" che ricorda la fragile Nerina) o i riflessi manzoniani di altri passi memorabili; o ancora il gran divertimento che l'opera buffa prova nella contraffazione delle lingue straniere. A testimoniare del fascino esercitato dall'opera arrivano puntuali riferimenti a testi letterari come Massimilla Doni, dove Balzac inserisce un vero saggio critico sul Mosè di Rossini, oppure a Pirandello, Montale e altri autori sensibili al melodramma. D'altra parte, l'opera non è solo testo e musica: un personaggio può tacere, eppure cambiare con un gesto il senso della scena (vedi l'esordio delle Nozze di Figaro, in cui Susanna sulle prime tace, tutta intenta a provare il nuovo cappellino): e allora va sottolineata anche la dimensione scenografica e registica, nel passato e nel presente, da Sanquirico a Visconti; ricordando tuttavia che lo "spazio del teatro d'opera non è quello tracciato dalla scenografia, è quello che va oltre", e che si sprigiona dall'orchestra non meno che dal canto.
Com'era inevitabile, le figure minori restano più nell'ombra; ma non amorfe: ha ragione Arruga quando dice che Boito, Ponchielli, Cilea, Catalani e quasi tutti gli operisti italiani di fine Ottocento vengono poi ricordati per un'opera sola; anche se forse è un peccato non aver citato anche Siberia di Giordano, o almeno nominato Italo Montemezzi. Ma Arruga sceglie consapevolmente le opere rimaste in repertorio, quelle che il lettore ha buone possibilità di vedere in scena o che per qualche ragione hanno scaldato i cuori; senza alzare quindi il sopracciglio di fronte ad Andrea Chénier, ad Adriana Lecouvreur o Mefistofele. La serietà della documentazione si intreccia sempre alla vivacità dello stile: le opere teatrali non sono roba da museo, ma fisionomie da scoprire, miniere di sorprese su cui ridere o commuoversi; ben vengano i moderni mezzi di registrazione, ripresa, filmato via internet, purché non facciano dimenticare l'emozione e il mistero di una sera a teatro.
Elisabetta Fava

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Conosci l'autore

Lorenzo Arruga

Lorenzo Arruga (1937), milanese, si occupa di giornalismo dal 1968, quando insegnava Lettere nei licei e componeva musiche di scena. Da allora è critico musicale del Giorno, di Panorama e di Musica Viva, mensile da lui fondato e diretto per sedici anni. Ha scritto copioni e libretti e tradotto opere, ne ha messo in scena qualcuna in teatri istituzionali e non, ha diretto istituzioni musicali, condotto cicli radiofonici e televisivi e pubblicato diversi libri di storia e saggistica. Il suo ultimo libro è Il teatro d'opera italiano (2009). 

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