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Recensioni Tempesta

Tempesta di Antonio Funiciello
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Nella prefazione all’edizione dei suoi discorsi parlamentari, uscita nel 1974, Pertini scrisse: «Giacomo Matteotti è ancora, dunque, in mezzo a noi, con la freschezza attuale dei nostri pensieri». Sarebbe bello se l’amato ex presidente avesse ragione. Parte da questa valutazione la riflessione di Antonio Funiciello: la figura di Giacomo Matteotti, del politico e dell’uomo Matteotti, è rimasta schiacciata dietro la lapide del martire, dipinta nella solitudine di un antifascismo quasi troppo precoce e fallimentare, stravolta dai giudizi fuorvianti di alcuni estimatori a lui coevi come Gobetti, o dagli attacchi degli avversari comunisti dell’epoca (Togliatti in primis). L’unica soluzione, quindi, è quella di raccontare il «Matteotti vivo», il Tempesta, come lo battezzarono i compagni, il sindacalista e l’amministratore locale, il leader socialista così legato ai fatti e alla legalità, il riformista («Il riformismo è una promessa da mantenere ogni giorno perché impossibile da mantenere una volta e per sempre. Giacomo Matteotti lo ha sempre saputo bene»), che meglio di chiunque altro, tra la fine degli anni Dieci e i primi dei Venti, ha rappresentato in Parlamento e nella società italiana i bisogni, i diritti e le speranze degli ultimi. Lo spiega al meglio Funiciello nella sua introduzione: «Le storie di Matteotti che qui si raccontano, storie di ardore e di lotta, saltellano avanti e indietro nella sua vita, cercando di tirare fuori una sequenza del suo DNA, una successione di eventi in ordine non necessariamente cronologico che, per la loro esemplarità, provino a ricostruire il senso di un’esistenza. Tra questi eventi, non c’è la sua morte: l’attentato, il sequestro, il suo brutale omicidio. Nulla di ciò che potrebbe essere scoperto ancora sulle motivazioni del suo omicidio aggiungerebbe qualcosa di interessante al suo pensiero politico e alla sua opera».)
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