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Alla base del convegno internazionale svoltosi a Viterbo nel 2003, di cui questo volume raccoglie gli atti, si pone la volontà di considerare la "teoria del restauro", a oltre quarant'anni dalla pubblicazione dell'opera di Cesare Brandi, riflettendo in parallelo sugli scritti di Alois Riegl sulla conservazione delle opere d'arte, emersi all'attenzione della critica in Italia solo tardivamente. I numerosi interventi del convegno, organizzati in sei sezioni, ruotano intorno a questi due poli.
Nella prima parte Sandro Scarrocchia torna con un ricco saggio sull'edizione italiana del contributo di Riegl nell'ambito del dibattito sulla conservazione delle opere d'arte, tradotto solamente nel 1981 all'interno del volume Città chiesa campagna,a cura di Andrea Emiliani. Negli interventi che seguono, viene ricostruita molto lucidamente la storia della critica sul restauro in Italia da Giovan Battista Cavalcaselle ad Adolfo Venturi a Corrado Ricci, con una particolare attenzione rivolta alla contrapposizione tra storici e artisti che, come sappiamo, comportò il progressivo allontanamento dell'artista dal museo e dal dibattito legato alla tutela. Il contributo di Luigi Ficacci si incentra sul fondamentale ruolo di Giulio Carlo Argan nel progetto condiviso con Brandi per la nascita dell'Istituto centrale del testauro nel 1939. Sullo sfondo della vicenda costitutiva dell'Istituto, affiora il rapporto di Brandi e Argan con Roberto Longhi, costantemente impegnato, già a partire dal 1935, sui temi della conservazione e del restauro e attivamente coinvolto nel primo consiglio tecnico dell'Icr, come ha ben delineato la ricerca documentaria di Simona Rinaldi.
Nel volume compaiono poi altri interventi molto significativi dedicati agli "altri ambiti di applicazione" della teoria, presenti d'altra parte esplicitamente già nel testo brandiano. Nello specifico, i saggi di Maria Ida Catalano e Cecilia Mazzi, sulla creazione della "Sala delle mostre" dell'Icr e sull'ultima parte della teoria dedicata al "restauro preventivo", chiariscono una volta di più come l'approfondimento critico sulla storia del restauro e delle istituzioni di tutela coinvolga direttamente indirizzi museologici e museografici. È inoltre ampiamente dimostrato quanto il testo brandiano sia ancora vivo nella cultura odierna degli storici e dei restauratori. Nella seconda parte del volume spiccano infatti i "percorsi teorici" che riconoscono la teoria come avvio di un'estetica del restauro, mentre un'altra sezione si sofferma sulle tecniche di reintegrazione normate da Brandi, sopra a tutte il risarcimento delle lacune a "tratteggio". Gli atti si chiudono infine con una rassegna di riflessioni sulle numerose traduzioni della teoria, argomento di stretta attualità anche alla luce delle recenti celebrazioni per il centenario brandiano, in attesa di un'indispensabile edizione critica, già auspicata da Maria Andaloro nell'introduzione al volume.
Stefania De Blasi
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