Sono arrivate simultaneamente in libreria due edizioni, economiche ma molto eleganti e ben accessoriate, della balzachiana Théorie de la démarche: un'edizione francese, presso la casa editrice parigina Mille et une nuits, a cura di Paolo Tortonese, che corregge e arricchisce, con molte preziose puntualizzazioni, il commento della classica edizione della Pléiade, e una nuova traduzione italiana, presso Moretti & Vitali, cui Franco Rella ha premesso un bello studio sul pensiero di Balzac e sulla fortuna della sua poetica presso gli scrittori delle generazioni successive, da Flaubert a Simenon. Paradossalmente, per il lettore del XXI secolo, il Balzac più accessibile non è quello dei grandi capolavori romanzeschi, sovrabbondanti in virtuosistiche descrizioni, ma quello delle narrazioni brevi o dei piccoli, brillanti trattati come questo. Nella Teoria dell'andatura Balzac coniuga l'ironia dell'amato Sterne e la dottrina del creatore della fisiognomica, Lavater, per cercar di trovare "la chiave degli eterni geroglifici dell'andatura umana". Come la lucciola non può fare a meno di emettere segnali luminosi, l'uomo, per Balzac, non può fare a meno di rivelare i propri segreti attraverso il linguaggio dei gesti. Inoltre il movimento si collega, per Balzac al problema centrale dell'esistenza umana: il dispendio di energia. I successi e gli insuccessi di ogni individuo, come la sua stessa longevità, dipendono dalla sua capacità di controllare il dispendio energetico. Strettamente connessa, come sottolinea Franco Rella, alla filosofia di Balzac, la Teoria dell'andatura è però anche un godibilissimo studio di costume, un incantevole palcoscenico sul quale sfilano davanti a noi i parigini dell'età di Luigi Filippo: signore eleganti che volano verso un appuntamento amoroso, accademici sempre in posa, militari impettiti, finanzieri corpulenti, artisti ribelli ad ogni regola del vivere borghese. Mariolina Bertini
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