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semplicemente orribile
Racconti nei quali "le ninfe a volte ritornano" e i protagonisti fuggono dalla miseria per ritrovarsi in metropoli dove "ridere ad alta voce sotto l'abitazione di un banchiere può portare in guardina". Il millenium bug inghiotte una tunisina e restituisce Lara Croft. Gli stentati approcci fra un immigrato e un'indigena sembrano "verbali di polizia pieni di omissis". Il corpo del siriano Wakkas è in un carcere italiano dal '92 ma lui - "il sosia di se stesso" - continua a evadere dal '95, grazie a una scrittura che lo porta a vincere moltissimi premi [nel '98 persino una medaglia del Presidente della repubblica]. Questi 18 racconti da una parte confermano piena maturità di scrittura ma dall'altra danno l'impressione di un autore sempre sul punto di esplodere … con un capolavoro. Del resto nella prefazione si definisce "un detonatore". Tale è nell'incantato "La forma del rispetto" o nel racconto che dà il titolo all'antologia: uno stupendo inizio, un saltare continuo fra generi, luoghi e tempi con finale sospeso. I cento universi nei quali Wakkas naviga sono questure, tribunali e celle ma anche la fantascienza ["Lupi in fabula"]; sono percorsi obbligati e banali d'un detenuto in semilibertà ["Una giornata da co-leone"] ma anche versi di Montale, dubbi "sulla mia reale esistenza", la certezza che "il passato è stato abolito per legge e non deve mai essere recuperato".
“Terra mobile” premio per la migliore opera edita alla Festa nazionale de l'Unità di Genova, 18 settembre 2004, pubblicato nella collana Kumacreola, dove ‘Kuma’ nella lingua Bambara dell’Africa occidentale sta per ‘parola’; viaggio della parola attraverso i continenti. Il libro contiene diciassette racconti scritti in gran parte in carcere, dove nello spazio angusto della cella i ricordi della terra natia, della sua fisicità, assumono un tratto violento e visionario. Metafore e aneddoti che susseguono come un sogno ibrido per raccontare una realtà che si sfocia in miriade di rivoli. Personaggi che, per delega, narrano i diversi aspetti di una vita segnata di cambiamenti veloci e di una voglia irresistibile di andare oltre i confini delle parole. Leggendo questi racconti, molto affini alla narrazione immaginaria, fatta di strutture e tagli irreali, ambientati un po’ in luoghi reali e un po’ in luoghi fantasiosi, si ha la sensazione che il pensiero non reggesse più all’aggressività dei nostri tempi, e per poter raccontarla avesse la necessità di rifugiarsi nel surreale. “Da secoli vivo là in terra di nessuno….”. Così inizia il racconto “Terra mobile”, escludendo confini e demarcazioni territoriali. E l’obbiettivo, come si legge nella presentazione, è la sospensione del movimento già sospeso, in un ambiente dove l’evasione mentale costituisce l’unico itinerario percorribile. Geometria ardua di un luogo dove le certezze timide sono perennemente alluvionate di sconfitte e repressioni. L’affermarsi, seppure con secoli di ritardo, che la terra è davvero mobile.
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