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scheda di Janin, U., L'Indice 1995, n. 9
Il ruolo necessariamente distributivo della pianificazione del territorio e l'esigenza di trattare teorie e pratiche urbanistiche in termini di giustizia distributiva sono le ragioni di questa raccolta di saggi. La rilevanza del nesso tra processi di piano e questioni di giustizia è argomentata nella prima parte, nei saggi di Veca e Mazza. Nel primo si descrivono quattro teorie sostantive della giustizia sociale: utilitarismo, contrattualismo, teorie dei diritti e teoria dialogica. Questi diversi modi di interpretare le "condizioni di giustificazione", secondo Veca portano a considerare che "è giusto solo ciò che è giustificabile": un assunto tutt'altro che banale per una teoria normativa della pratica urbanistica. Assumere come "linguaggio comune" delle attività di pianificazione una procedura di giustificazione e di legittimazione, fondata su un principio razionale di "ragione come risultato di un confronto", è l'alternativa che Mazza propone a un sapere tecnico tradizionalmente afferente a una razionalità formale di tipo utilitarista, orientata cioè a individuare criteri autonomi e "esterni" con cui valutare gli effetti distributivi della pianificazione. Nella seconda parte della raccolta, tre saggi di Hare, Beatley e Sorensen offrono altrettanti esempi di applicazione di qualche specifico approccio sostantivo della giustizia nel campo della pianificazione territoriale. Nella prospettiva utilitarista di Hare, compito degli urbanisti resterebbe quello "di determinare quali siano gli interessi che saranno toccati da possibili cambiamenti futuri nella configurazione delle città" e di operare le scelte secondo principi di massimizzazione di tutti gli interessi. Beatley compie un interessante esercizio di applicazione dei principi del neo-contrattualismo rawlsiano e, in particolare, del "principio di differenza" al problema del controllo della crescita urbana. Sorensen, infine, prova a definire uno stile libertario e di pianificazione territoriale, come alternativa "di mercato" a una pratica di controllo degli usi del suolo di tradizione governativa e statalista.
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