Per “Una Unica Sfumatura di bianco”, mi è sembrato opportuno seguire il filo logico del normale racconto e così esso inizia con un incidente automobilistico e una misteriosa luce che sembra cadere dal cielo, per poi continuare con un impiego da un notaio, un perseguito e fortunato arricchimento e un banale e normale fine dell’anno, o come si usa dire “ Capodanno,” che il protagonista vive in un incerto anno del recente passato. Una piccola città è la culla dell’origine e confine di Ludovico, isola che lo alleva nella media borghesia, identità di un giovane che crede di essere centro e orizzonte, ma in uno spazio inizialmente circoscritto con il sapore della materia, la capacità di far percepire il peso e la rugosità delle cose che il destino, la volontà divina o altro dirige altrove. Quindi l’incombere di una conoscenza nella quale, per un caso, il protagonista si imbatte, rende la storia sferzante e crudele e solamente con la guida fedele dell’amico Giovanni riesce alla fine a spezzare quel cerchio malefico in cui cade. A muovere il racconto, molto moderno ma, incuneato nell’antico, c’è la presenza incerta di uno strano vecchio, il materializzarsi di una strana processione e lo sfavillare di una cometa che cometa poi non si rivela, ma che sprigiona il senso della complessa autenticità vitale e liberatoria, tanto lontana alla realtà di oggi da sembrare quasi preistorica. Ludovico è un giovane che si imbatte in un amore impossibile, crudele che lo afferra nelle sue branchie, lo tritura e poi lo abbandona in un piccolo paese delle dolomiti. E da quel momento sembra più un messaggio divino che si rivela piuttosto che un abbaglio fisico-mentale, e l’apparire di certi fenomeni indecifrabili che si rivolgono al giovane e che lo portano quasi alla pazzia non sono parti della fantasia ma probabili segni forse dell’ultraterreno. “Una Unica Sfumatura di bianco” misura il contrasto fra l’entusiasmo giovanile e il possesso, tra il successo e l’abbandono, tra ciò che non è chiaro solo per il protagonista e quello che invece è noto per gli occhi di tutti. Il giovane riesce alla fine a spezzare il cerchio malefico in cui era caduto prigioniero con un convinto, solo per lui, cammino di redenzione che lo porterà a Santiago di Compostela, pellegrino fra i pellegrini, nel sacro luogo ove si conclude il cammino di tutti i pellegrinaggi e lo fa seguendo il filo dei rapporti del dolore e del sacrificio a cui tutti siamo condannati. Il luogo forgerà finalmente le sue decisioni future e anche lì, convinto, intravede una luce nel cielo che gli indica la via della sua salvezza. In questo racconto viene focalizzata l’attenzione del lettore su importanti sentimenti non solo contemporanei ma, eterni ed universali: l’amore e il possesso, la disperazione, la religione e la speranza. L’amore e il possesso non confluiscono solamente nel desiderio e nel sesso, ma contribuiscono a far raggiungere l’estasi, la disperazione di un amore perduto che porta quasi alla follia, la religione come veicolo che porta dal materialismo alla spiritualità. Mi è sembrato interessante cercare di raccontare di un personaggio giovane ed entusiasta che si imbatte e vive con sincerità una prima esperienza d’amore, ma le successive vicende lo portano a dubitare dell’esistenza della felicità ed ad avere la convinzione che non esistano certezze assolute, ma alla fine, dopo il dolore dell’abbandono, riesce ad uscire dalla follia perché convinto di fare un percorso mistico che lo avrebbe aiutato a diventare un uomo non più fragile ma sicuro di sé grazie ad un’esperienza insolita che lo farà diventare più forte e più ricco nello spirito e lo aiuterà a ritrovare la fiducia di vivere ed amare. Ho cercato di essere un osservatore sensibile di fronte alla molteplicità delle cose terrene, nel suo incessante ripetersi di vita, morte e rinascita, do
Leggi di più
Leggi di meno