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In occasione di un convegno internazionale tenutosi a Torino nel maggio 2005 è stato analizzato il rapporto fra intellettuali e regime sotto il nazismo e il fascismo. Le situazioni furono analoghe per alcuni aspetti, differenti per altri. In Germania, le scienze naturali e la medicina risultarono alquanto esposte alla nazificazione, mentre gli umanisti, in particolare i filosofi, vi si opposero maggiormente, finendo spesso uccisi o deportati. Nel suo intervento, Hans Jörg Sandkühler parla, peraltro, di una tendenziale "impoliticità" degli universitari tedeschi. Essi in larga parte si accodarono al nazismo o per timore di ritorsioni, o per opportunismo: da Gadamer a Ritter, da Freyer a Heidegger. Certo dovettero, da lì in poi, rivolgere la propria attenzione verso ambiti di ricerca più graditi al Reich. Gentile fu invece la punta di diamante della cultura fascista, che si giovò anche dell'apporto di Cantimori, Spirito, Volpe. Vari altri, non fascisti, forse poco accortamente, collaborarono alla realizzazione dell'Enciclopedia italiana, che divenne un vanto del regime. Lo strutturarsi per biografie del convegno, forte della partecipazione di storici eminenti, che hanno svolto serrate ricerche negli archivi e nei fondi personali delle istituzioni e dei personaggi sottoposti ad analisi, contribuisce in modo rilevante a illustrare gli snodi fondamentali che gli accademici, in quegli anni così difficili, dovettero affrontare. Peraltro, è ovvio che l'adesione spontanea a regimi letteralmente fondati sull'ignoranza e sulla propaganda uniformatrice non sia mai moneta comune fra quanti abbiano la volontà (e la fortuna) di coltivare le virtù dell'intelletto.
Daniele Rocca
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