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scheda di Bordoni, C., L'Indice 1990, n. 4
Nella collana einaudiana "Scrittori tradotti da scrittori" torna la classica novella di "Vathek" nella versione di Giaime Pintor. Scritto nel 1782 in francese e poi tradotto in inglese, "Vathek" è la risposta settecentesca al mito del dottor Faust, inserito nella tradizione orientaleggiante delle "Mille e una notte", al pari dello "Zadig" di Voltaire e del "Rasselas" di Johnson. L'orrore che suscita l'infelice Vathek, califfo di grandi ricchezze e di incontentabili appetiti, sta proprio nel patto diabolico suggeritogli dal perfido Giaurro, ai fine di ottenere enormi poteri, una volta raggiunto il Palazzo del Fuoco Sotterraneo. Per realizzare il suo sogno di potenza, il califfo non esita a lasciare i suoi cinque palazzi, ad abiurare la fede musulmana e a compiere grandi nefandezze, come il sacrificio di cinquanta bambini, figli della sua gente. Nel viaggio verso il Palazzo, il suo seguito - fantasmagorico caravanserraglio che spazza e contamina tutto ciò che incontra - si assottiglia sempre più, fino a lasciarlo solo di fronte alle oscure porte dell'abisso. Ma si tratta di un perfido inganno, perché oltre quelle porte non lo attendono i talismani che controllano il mondo, bensì il regno di Eblis, l'inferno musulmano. A Vathek e alla sua donna, ridotti - come gli altri che li hanno preceduti - a morti viventi col cuore tormentato dalle fiamme, non resta che vendicarsi su Carathis, la madre che l'ha cresciuto nell'avidità e nell'assenza di una vera fede. Non c'è speranza nell'oscuro mondo dipinto da Beckford: il male è legato alla condanna senza appello e l'unica ricompensa per il patto mefistofelico è l'inganno.
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