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Questo romanzo, l’unico della Blixen, deve la sua origine alla guerra. La Danimarca era stata invasa dai nazisti e viveva in un’atmosfera di soffocante oppressione. Non vi era, per la scrittrice, nessun pericolo, ma questo rendeva ancora più umiliante il suo stato. Così la Blixen si sentì spinta a scrivere I vendicatori angelici: una metafisica del pericolo sotto forma di romanzo. Con suprema eleganza, si mise in maschera (assumendo lo pseudonimo Pierre Andrézel) per scrivere un romanzo di maschere. Come certi grandi compositori hanno depositato i loro ultimi segreti in studi per sciogliere la mano, volle nascondere l’essenza del Male in una tessitura ariosa e leggera di feuilleton pieno di colpi di scena. E, ben sapendo quanto lenti a capire questi camuffamenti siano in genere i lettori, volle porre in margine al libro, come avvertimento, alcune parole che nel romanzo stesso sono pronunciate da una delle sue incantevoli eroine: «Voi persone serie non dovete essere troppo severe verso gli esseri umani su come scelgono di divertirsi quando sono rinchiusi in una prigione e nemmeno è loro concesso di dire che sono prigionieri. Se non avrò presto un po’ di divertimento, morirò».
Oggi, a distanza di quarant’anni dall’apparizione del libro (1944), possiamo renderci conto che questo inquietante divertimento è una delle opere più azzardate della Blixen e, nella sua ingannevole facilità, una delle più cifrate. La «prigione» a cui accennano quelle parole, ben più che la Danimarca occupata, è il mondo stesso. E quel divertimento la cui assenza provoca la morte è innanzitutto la letteratura nella accezione temeraria che sola era cara alla Blixen. Sarebbe ingiusto per l’autrice e per i lettori anticipare qui la trama di un libro che riesce a tenere avvinti nella notte come pochi altri, scritti da autori nobili. Ma basterà accennare qual è uno dei suoi più rari meriti: aver creato un’immagine convincente, chimicamente pura e romanzescamente vividissima, del Bene e del Male.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non conoscevo la Blixen ma ne sono rimasto affascinato. Un libro che non ha il ritmo del giallo ma ti tiene incollato come un giallo... Consigliato!
Il fatto che questo capolavoro assoluto della Blixen sia misconosciuto e fin troppo famose siano invece altre sue opere come la mia africa e le sette storie gotiche,il primo elegiaco ma cronachistico e il secondo immenso ma talvolta troppo oscuro,sono una prova di come la Blixen sia malrappresentata e maldistribuita in Italia. Nei vendicatori angelici ho trovato tutto ciò che cerco da un romanzo.Non c'è pagina che non sia emozionante;immaginatevi una storia fiammeggiante come quelle delle sorelle bronte,una trama vorticosa degna del miglior Wilkie Collins,il tutto mutuato dalla straordinaria sensibilità della Blixen.I colpi di scena,le maschere,i pericoli e le sorprese sono presenti in ogni capitolo,ma con un criterio e una delicatezza che lascia sbalorditi;neppure DIckens ha saputo far convivere triviallitterature e poesia con tanta efficacia. Le due protagoniste femminili poi fanno letteralmente sognare;le uniche degne eredi delle eroine ottocentesche nel ventesimo secolo. Perchè appunto qui sa tutto di ottocento,tutto.Non aspettatevi niente di contemporaneo,siete avvertiti. Ma se amate i grandi romanzi,quelli con passioni vere e forti,quelli col male e il bene ancora nettamente distinti e col trionfo assoluto del bene,non lasciatevelo sfuggire.Meraviglioso.
mi è capitato in mano, pulendo la mia libreria, i vendicatori angelici di karen Blixen. Datato 1985! volevo limitarmi a dargli una spolverata (come con le altre centinaia di libri accumulati) ma ho ricordato che, tanti anni fa' quel libro mi era piaciuto. L'ho iniziato, non ricordavo assolutamente nulla, e ora penso che sia un libro bellissimo, del quale , forse, si dovrebbe riparlare. E' un classico del genere ma l'originalità della scrittura, la modernità del pensiero di Lucan, tutto l'insieme, con una buona , leggera prefazione, quel tanto da inquadrarlo nella sua giusta cornice, ne farebbe , probabilmente un grande successo.Degno di una grande scrittrice come KB. voto massimo!
Recensioni
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scheda di Giorgis, P., L'Indice 1985, n.10
Come la più classica delle fiabe dove l'infanzia e la maturità sono due punti importanti solo per la distanza che li separa. Come il più puro racconto gotico, dove ciò che è familiare - "heimliche" - diventa fonte di terrore. Come il più tipico romanzo sentimentale, dove giovani e pure fanciulle vengono a contatto con le turpitudini del mondo, sulle quali vincono proprio grazie alla loro innocenza. Questi - apparentemente - i tratti dell'(unico) romanzo di Karen Blixen, scritto durante l'occupazione nazista della Danimarca e pubblicato per la prima volta a Copenhagen nel 1944. In esso, tuttavia, l'eroina è sdoppiata e raddoppiata: due sono le fanciulle che incontriamo adolescenti e lasciamo mogli; che, orfane in modo speculare, attraversano spazi di orrore; che, venute a contatto con il male, lo vincono. Una è Zosine, donna di aria frivola e abile giocatrice, che, se la sua vita fosse un romanzo, vorrebbe "saltare qualche pagina" e che inventa fiabe per divertire se stessa e "forse anche te per un momento". L'altra è Lucan, donna di terra, riflessiva e razionale, che attraversa le stesse esperienze dell'amica con animo più incerto e meditativo. E se il pensiero può vincere le asprezze della vita sarà l'esuberanza del gioco a prevalere sui suoi orrori.
Questo romanzo, l'unico della Blixen, deve la sua origine alla guerra. La Danimarca era stata invasa dai nazisti e viveva in un'atmosfera di soffocante oppressione. Non vi era, per la scrittrice, nessun pericolo, ma questo rendeva ancora più umiliante il suo stato. Così la Blixen si sentì spinta a scrivere I vendicatori angelici: una metafisica del pericolo sotto forma di romanzo. Con suprema eleganza, si mise in maschera (assumendo lo pseudonimo Pierre Andrézel) per scrivere un romanzo di maschere. Come certi grandi compositori hanno depositato i loro ultimi segreti in studi per sciogliere la mano, volle nascondere l'essenza del Male in una tessitura ariosa e leggera di feuilleton pieno di colpi di scena. E, ben sapendo quanto lenti a capire questi camuffamenti siano in genere i lettori, volle porre in margine al libro, come avvertimento, alcune parole che nel romanzo stesso sono pronunciate da una delle sue incantevoli eroine: «Voi persone serie non dovete essere troppo severe verso gli esseri umani su come scelgono di divertirsi quando sono rinchiusi in una prigione e nemmeno è loro concesso di dire che sono prigionieri. Se non avrò presto un po' di divertimento, morirò».Oggi, a distanza di quarant'anni dall'apparizione del libro (1944), possiamo renderci conto che questo inquietante divertimento è una delle opere più azzardate della Blixen e, nella sua ingannevole facilità, una delle più cifrate. La «prigione» a cui accennano quelle parole, ben più che la Danimarca occupata, è il mondo stesso. E quel divertimento la cui assenza provoca la morte è innanzitutto la letteratura nella accezione temeraria che sola era cara alla Blixen. Sarebbe ingiusto per l'autrice e per i lettori anticipare qui la trama di un libro che riesce a tenere avvinti nella notte come pochi altri, scritti da autori nobili. Ma basterà accennare qual è uno dei suoi più rari meriti: aver creato un'immagine convincente, chimicamente pura e romanzescamente vividissima, del Bene e del Male.
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