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Ispirato a una storia vera, La via eterna ha riacceso il dibattito su uno dei capitoli più neri e meno conosciuti della storia recente: i massacri staliniani di Krasnij Bor e Sandarmoch.
«Il miglior romanzo finlandese da anni» – Seura
«Avevo riflettuto su cosa avrei fatto quando i lappisti fossero venuti a prendermi, continuavo a pensarci da quando avevano iniziato a portare gente oltre il confine orientale; raccontavano dei maltrattamenti e delle violenze, ma non potevo sapere quanto avrei retto, se fosse successo a me»
Finlandia, agosto 1930. Jussi Ketola viene prelevato dalla sua casa nel cuore della notte e portato via da una squadra del movimento di estrema destra “Lapua”: sospettato di simpatie socialiste, è ormai un cittadino indesiderato nel suo stesso Paese. Tra percosse e umiliazioni, Jussi viene scortato al confine e, come altri “nemici della patria”, viene espulso in Unione Sovietica. In quegli anni, mentre il mondo capitalistico soffre i contraccolpi della Grande depressione, la capitale della Repubblica socialista sovietica autonoma di Carelia è invece in pieno sviluppo, grazie al contributo di emigranti invitati da Stalin per partecipare alla creazione del “paradiso dei lavoratori”. Jussi riceve un nuovo nome e un passaporto sovietico, e viene mandato a lavorare in un kolchoz gestito da finlandesi e careliani. Dichiarato ufficialmente morto nel suo Paese (dal quale è stato isolato dalla censura sovietica, Jussi si crea una nuova famiglia, pur non dimenticando la moglie Sofia, rimasta in Ostrobotnia. I suoi movimenti sono però seguiti dalla polizia segreta, che lo incarica di raccogliere informazioni sui suoi stessi connazionali, tra i quali si nasconderebbero sabotatori e nemici del popolo. La nascita di un bambino è il suggello della seconda vita di Jussi, ma sui cieli di Carelia si addensano nubi inquietanti, e coloro che erano stati chiamati per edificare lo Stato socialista diventano improvvisamente stranieri indesiderati. Nel tritacarne delle purghe staliniane, Jussi dovrà comprendere che la libertà, se esiste, è da qualche parte tra il cielo e l’inferno, e che la morte – gli ripete ossessivamente lo spietato ufficiale della polizia segreta – può non essere la sorte peggiore.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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